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Un road-movie New York-Alabama-New York, nel 1962. Un'auto a bordo della quale viaggiano un bianco e un nero, seduti nel posto che non ci aspetteremmo: l'autista (Viggo Mortensen) è un proletario bianco d'origini italoamericane, il passeggero (Mahershala Ali) un elegante pianista solista classico nero in tournée. Tutto il resto invece lo aspettiamo e infatti arriva: il sottofondo dell'epoca in cui per la prima volta l'America si confronta politicamente con il peccato originale del razzismo, l'iniziale incomprensione dei due uomini, la confessione del pianista di sentirsi fuori luogo tanto tra i bianchi quanto tra i neri, il pollo fritto mangiato insieme, il prender consistenza di un'amicizia. Prima prova in solitario di Peter, uno dei due ribaldi fratelli Farrelly, è un'opera liberal all'antica americana, e le candidature agli Oscar dei due meravigliosi protagonisti la dicono lunga sull'alto tasso di talento attoriale che la sorreggono.
Lingua originale con sottotitoli
Dopo l'esplorazione spaziale di Gravity, grossa produzione hollywoodiana con effetti speciali e star come Sandra Bullock e George Clooney, il messicano Cuarón cambia radicalmente orizzonte e genere e, con meno di un decimo del precedente budget, ispirandosi ai ricordi della propria infanzia, realizza questo potente dramma ambientato a Città del Messico nei primi anni Settanta. Protagonista un'attrice non professionista, Yalitza Aparicio, nel ruolo di Cleo, domestica a servizio di una famiglia benestante del quartiere residenziale che dà titolo al film. Premiato con il Leone d'oro a Venezia, è un capolavoro di stile e di regia in cui l'accurata ricerca visiva - bianco e nero cristallino, costruzione in profondità di campo, complessi movimenti di macchina - contribuisce a rafforzare il realismo della rappresentazione e dei sentimenti. (aa)
Lingua originale con sottotitoli
"Perché pescare avventure straordinarie quando ciò che passa sotto i nostri occhi e che succede ai più sprovveduti di noi è così pieno di una reale angoscia?" (Vittorio De Sica). Da divo brillante della commedia anni Trenta, De Sica si trasforma in maestro del cinema, tra i massimi protagonisti del neorealismo italiano. Ladri di biciclette è uno dei capolavori realizzati in coppia con Zavattini. Il quadro di miseria dell'Italia del dopoguerra è condensato magistralmente nella storia di un attacchino cui viene rubata la bicicletta, unico mezzo di sostentamento per sé e la famiglia. André Bazin lo definì "il centro ideale attorno al quale orbitano le opere degli altri grandi registi del neorealismo". Oscar per il miglior film straniero. Restaurato nel 2018 da Cineteca di Bologna, Compass Film e in collaborazione con Arthur Cohn, Euro Immobilfin e Artédis presso il laboratorio L'Immagine Ritrovata.
L'Unione Bolognese Naturalisti (UBN), il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali (BiGeA) e il Sistema Museale di Ateneo (SMA) dell’Università di Bologna, insieme alla Fondazione Golinelli, presentano un programma di eventi per celebrare la nascita di Charles Darwin e per raccontare l’enorme impatto che la teoria dell’evoluzione ha avuto sullo sviluppo delle scienze biologiche, della medicina, dell’antropologia, della filosofia e della sociologia contemporanee.
Con il patrocinio di Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna, SIBE - Società Italiana di Biologia Evoluzionistica.
Sabato 2 febbraio 2019, ore 16.00 – 18.00
Collezione di Geologia “Museo Giovanni Capellini”, via Zamboni 63
Darwin in Italia.
Conferenza di Giuliano Pancaldi (Università di Bologna)
Domenica 3 febbraio 2019, ore 16.00 – 17.30
Collezione di Geologia “Museo Giovanni Capellini”, via Zamboni 63
Visita guidata alla Collezione di Geologia “Museo Giovanni Capellini”.
Giovedì 7 febbraio 2019, ore 17.30 – 19.00
Aula A. Ghigi, via San Giacomo 9
Sei milioni di anni di migrazioni umane.
Conferenza di Guido Barbujani (Università degli Studi di Ferrara)
Giovedì 14 febbraio 2019, ore 17.30 – 19.00
Aula A. Ghigi, via San Giacomo 9, Bologna
In viaggio con Darwin.
Conferenza di Giancarlo Marconi (UBN)
Martedì 19 febbraio 2019, ore 9.00 – 14.00
Aula A. Ghigi, Via San Giacomo 9
Darwin: il viaggio, l’uomo e la scienza. Convegno “BiGeA Racconta” II edizione
Intervengono: Maria Giovanna Belcastro (BiGeA), Barbara Cavalazzi (BiGeA), Stefano Dominici (Università degli Studi di Firenze), Giobbe Forni (BiGeA), Mariangela Iannello (BiGeA), Donata Luiselli (Università di Bologna), Alessandro Minelli (Università degli Studi di Padova), Umberto Mossetti (SMA), Marco Passamonti (BiGeA), Telmo Pievani (Università degli Studi di Padova e Presidente SIBE), Giovanni Sarti (Università di Pisa), Annalisa Tassoni (BiGeA)
Prenotazione obbligatoria su www.bigea.unibo.it
Giovedì 21 febbraio 2019, ore 17.30 – 19.00
Aula A. Ghigi, Via San Giacomo 9
Il colore non è tutto! Aspetti evolutivi del melanismo, abundismo e della colorazione normale nei colubridi paleartici (genere Hierophis) e Living in a box...come testuggini e tartarughe hanno evoluto un modo unico di vivere.
Conferenza di Marco Zuffi (Università di Pisa)
Venerdì 22 febbraio 2019, ore 10.45 – 12.45
Opificio Golinelli, Via P. Nanni Costa 14
L’impatto del concetto di selezione nello studio di meccanismi biologici complessi.
Workshop dedicato agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado e aperto al pubblico.
Intervengono: Claudio Franceschi (Università di Bologna) “Selezione clonale dei linfociti nella risposta immunitaria”, Giovanni Perini (Università di Bologna) “Meccanismi epigenetici di selezione dell’espressione genica”, Antonio Contestabile (Università di Bologna) “Darwinismo neurale: la selezione dei neuroni e delle connessioni nervose nello sviluppo e nel funzionamento del cervello”.
Il workshop sarà preceduto da attività di laboratorio (ore 9 – 10.30).
Prenotazione obbligatoria: g.bariselli@fondazionegolinelli.it
Mercoledì 27 febbraio 2019, ore 17.30 – 19.00
Aula A. Ghigi, Via San Giacomo 9
In viaggio coi lupi.
Lo scrittore e naturalista Giuseppe Festa racconta l'avventura di due cuccioli di lupo nel libro “I figli del bosco. L’avventura di due lupi alla scoperta della libertà” (Garzanti Editore), e lo presenta attraverso letture, aneddoti e immagini inedite.
Domenica 3 marzo 2019, ore 10.00 – 18.00
Museo dell’Evoluzione, via Selmi 3
Biodiversità: conservazione della Flora e della Fauna.
In occasione del World Wildlife Day 2019, visite guidate alle Collezioni di Zoologia, Anatomia Comparata e Antropologia.
Tutti gli eventi sono gratuiti.
La tradizione pastorale in provincia di Messina: strumenti e repertorio
Seminario a cura di Giuseppe Roberto (Messina) e Nico Staiti (Bologna)
In collaborazione con l’Associazione culturale «Il Saggiatore musicale»
Giuseppe Roberto è un giovane musicista e pastore messinese. Suona gli strumenti della sua tradizione: zampogna a paro, flauto doppio, flauto monocalamo. Roberto è profondamente consapevole della tradizione a cui appartiene: conosce le diverse scuole di suonatori, gli stili, le tecniche e i modi di accordatura. È al tempo stesso uno studioso: le tradizioni a cui appartiene pure gli appartengono, e le indaga con profondità. Narra e illustra i repertori pastorali del messinese, descrivendone e analizzandone le caratteristiche mediante la contestualizzazione antropologica e l’esecuzione musicale, con la propria interpretazione. La sua narrazione e le sue esecuzioni svelano un microcosmo di cultura musicale assai profondo e vario.
Con Nico Staiti, etnomusicologo dell’Università di Bologna (che lo accompagnerà anche col tamburello, mostrando le tecniche esecutive dello strumento in quell’area geografica), coordineranno il seminario e il concerto che del seminario è parte integrante: in entrambi i due sguardi e i due approcci – quello interno e quello esterno, quello descrittivo e quello esecutivo – si sovrappongono e si intersecano.
Ingresso libero
Parte del programma La Soffitta gennaio-giugno 2019 , la rassegna di teatro, danza, cinema, musica, arti visive, storia e società promossa dal Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna.
Presentazione del volume di fotografie
Durante l'incontro la fotografa Patrizia Pulga, autrice del volume
Le donne fotografe dalla nascita della fotografia ad oggi: uno sguardo di genere
proietterà e commenterà più di duecento immagini di numerose fotografe africane attive nelle diverse aree del continente
Per informazioni: 051581464
Ingresso libero
Ne parla con l'autore Matteo Lepore, assessore alla cultura del Comune di Bologna.
In questo libro, che corona quindici anni di inchieste, forte dei retroscena inediti sulla svolta a destra della Lega e dei racconti di un esponente di Forza Nuova, Berizzi fotografa in maniera vivida un Paese che si è riscoperto fascista, o forse sotto sotto non ha mai smesso di esserlo. Un Paese in cui i media e i partiti, sia di destra che di sinistra, sono sempre timidi a parlare di fascismo e a stigmatizzare certe derive. È uno sdoganamento in corso da anni, colpa anche dell’inedia di istituzioni e organi dello Stato. E che continuerà sotto le nuove forme del populismo sovranista, mentre partiti come CasaPound e Forza Nuova puntano a sostituirsi allo Stato e a radicarsi sul territorio offrendo assistenzialismo di strada e sicurezza fai da te.
Oggi più che mai, quindi, mentre i fascisti del terzo millennio agiscono nelle piazze e nel web, con la violenza e la beneficenza, bisogna far nostro il monito che Umberto Eco lanciava sul «fascismo eterno», capace di riproporsi sempre sotto forme liquide e larvate: «il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue forme, ogni giorno, in ogni parte del mondo».
Ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili
A ME NON SEMBRA DI DOVER MORIRE ED ALTRI DIALOGHI TEATRALI di Alessandro Quattrone edizioni Puntoacapo, con letture di Marinella Manicardi.
VEDERE AL BUIO, di Mauro Ferrario, edizioni Puntoacapo, in dialogo con Mauro Roversi Monaco e Paolo Valesio
I dialoghi teatrali di Quattrone raccolgono diciotto brevi testi accomunati da una vena umoristica che alterna situazioni ironiche e scene comiche, sempre all’insegna di una sottintesa ricerca di verità o di senso.
L’ultima raccolta di Ferrari approfondisce i temi cui l’autore è più affezionato: il modo in cui l’uomo avanza verso il futuro, senza certezze o illusioni, ma procedendo rischiosamente in un mondo indecidibile e sempre più sfuggente.
L'amore finché resta (HarperCollins) è il nuovo romanzo di Giulio Perrone; una commedia agrodolce e ironica che ci racconta chi scopriamo di essere quando non c’è più nessuno a riflettere la maschera che abbiamo indossato. Perché anche gli uomini hanno un cuore, dicono.
Intervengono Gianluca Morozzi e Marilù Oliva.
Quartiere Parioli. Tommaso è in mezzo alla strada, una valigia fatta alla bell’e meglio, l’immancabile abbonamento in curva per la Roma in tasca e nient’altro. Ha quarant’anni e non avrebbe mai pensato di trovarsi improvvisamente senza moglie, casa e lavoro. Certo, sapeva di non essere un marito esemplare, ma non si aspettava proprio le parole della moglie Lucrezia, che gli dice che non lo ama più e che addirittura lo ha già sostituito con un altro uomo. La vita che Tommaso ha attentamente costruito negli anni, in equilibrio su un lavoro poco impegnativo e poco redditizio (psicoterapeuta per un ristretto numero di scombinati pazienti) e sulla rendita elargita dai facoltosi suoceri, crolla in pochi minuti. Costretto a tornare ad abitare a casa della madre, in un quartiere popolare, inseguito dai creditori, Tommaso prova a reinventarsi in un saliscendi di equivoci, opportunità mancate e idee geniali non coltivate fino all’ultima, incredibile idea...
GIULIO PERRONE Vive a Roma, dove nel 2005 ha fondato la casa editrice che porta il suo nome. Nel 2015 ha pubblicato, per Rizzoli, i romanzi L’esatto contrario (2015) e Consigli pratici per uccidere mia suocera (2017). Collabora con l’Università La Sapienza di Roma.
Guido Catalano presenta il suo nuovo romanzo TU CHE NON SEI ROMANTICA (Rizzoli).
Con Lodo Guenzi dello Stato Sociale e Roberto Mercadini.
Dopo il successo di D’amore si muore ma io no, Catalano torna al romanzo con una storia piena di baci, di poesia, di gatti, di sguardi, ma anche di guerra e di paura, di sesso e di magia. E amore, ovviamente: di amore ce n’è così tanto che perfino tu – proprio tu, tu che non sei romantica – non riuscirai più a farne a meno. Altrimenti, che razza di storia sarebbe? Giacomo Canicossa, poeta professionista vivente, di donne ne ha già perse Due. Certo, il lavoro va bene: ha un contratto con una Grande Casa Editrice, una editor pazza che lo chiama giorno e notte e un romanzo segreto ad alto tasso di romanticismo con cui spera di vincere il Premio Strega. Ma che senso ha il successo quando manca l’amore?
Una come lei è il titolo di una poesia di Anne Sexton.
La poeta unì l’urgenza di comunicare all’esigenza di nominare un problema taciuto: la condizione naturale e innaturale di una soggettività femminile che cercava spazio e parola all’interno della società, in cui pubblico e privato erano inconciliabili, e si era quello che si sarebbe dovute essere.
L’idea sviluppata per la prima edizione [gennaio - giugno 2018] da Anna Franceschini e Roberta Sireno, curatrici della rassegna assieme alla Biblioteca Italiana delle Donne, è stata quella di creare uno spazio da costruire nel tempo: un luogo raccolto, esclusivo ed inclusivo, che contenga riflessioni nate da incontri e avvicinamenti sulla poesia e sul fare poesia. Quest’anno il percorso viene riproposto a partire da una preview - venerdì 18 gennaio 2019 - per proseguire fino a fine maggio: un arco di cinque mesi con appuntamenti a cadenza mensile per fare il punto sulla scrittura in maniera creativa, attraverso il confronto con autrici che hanno reso salde ed efficaci le proprie parole.
Crediamo che la parola si alimenti nel confronto, l’affermazione e la conferma altra da noi fa diventare parola la parola detta. Sembra un gioco, ma sappiamo di essere quando troviamo le parole per definirci. Creazione e confronto sono le basi, la partenza di questo tempo dedicato a stare insieme all’interno di un contesto intimo in cui spogliarsi dalle formalità e ridurre le distanze, unendo l’essere autrice con l’essere donna e cosa significhi esserlo, se vale ancora questa differenziazione e, infine, se è necessario affermarla.
Ai laboratori seguirà un momento pubblico, destinato a tutte/i le/gli interessat*, durante il quale sarà presentato il lavoro editoriale e di scrittura: un momento per dare visibilità e rilievo a donne che si affermano prendendo parola e spazio, raccontando le proprie capacità e le proprie opere.
Dopo la prima edizione che ha visto protagoniste le poete Anna Maria Farabbi, Sartoria Utopia con Manuela Dago e Francesca Genti, Cristina Alziati, Chiara Di Monte e Chiara Calderone, e Francesca Matteoni, le ospiti della seconda edizione saranno Nadia Agustoni per la preview, Elisa Biagini, Ida Travi, Anna Toscano, Azzurra D’Agostino, Renata Morresi e Silvia Tripodi. Come per la prima edizione, un insieme differente di voci, pratiche e percorsi che esprime la complessità e la ricchezza della poesia.
CALENDARIO
Da gennaio a maggio 2019 per 5 martedì.
Preview venerdì 18 gennaio h 17:30
⭐ 18 gennaio (preview) NADIA AGUSTONI
⭐ 29 gennaio ELISA BIAGINI
⭐ 19 febbario IDA TRAVI
⭐ 19 marzo ANNA TOSCANO
⭐ 9 aprile AZZURRA D’AGOSTINO
⭐ 21 maggio RENATA MORRESI & SILVIA TRIPODI
A cura di Anna Franceschini e Roberta Sireno con Centro delle Donne Città di Bologna/ Biblioteca Italiana delle Donne.
Per partecipare ai laboratori è consigliato iscriversi inviando una mail a: bibliotecadelledonne@women.it
[i posti disponibili sono limitati]
[ATTENZIONE > gennaio 2019 – i posti disponibili per il momento laboratorio – 17:30/18:30 sono esauriti]
Grazie alla collaborazione con Libreria delle Donne di Bologna e Antica Casa Zucchini B&B
INGRESSO LIBERO
Tratta dall’omonima versione di Oscar Wilde, la Salome di Richard Strauss ebbe la sua prima rappresentazione nel 1905 a Dresda. Il compositore era celebre per i suoi poemi sinfonici come ad esempio Till Eulenspiegel e Così parlò Zaratustra, ma questo capolavoro lo portò in primo piano anche nel teatro d’opera e gli seguirono i più noti Elettra, Il cavaliere della rosa, La donna senza ombra.
«Ah! Ho baciato la tua bocca, Jochanaan. / Ah! Io l’ho baciata, la tua bocca, c’era / un sapore amaro sulle tue labbra. Era il / sapore del sangue? No! Ma forse era / quello dell’amore?» Sono i versi – a metà tra innocenza allucinata e perversione – del monologo finale della Salome di Richard Strauss, che ritorna, dopo nove anni di assenza, al Teatro Comunale di Bologna venerdì 15 febbraio nell’allestimento di Gabriele Lavia – già andato in scena a Bologna nel 2010 – e con Juraj Valčuha sul podio Darà corpo e voce al fascino lunare della principessa giudaica il giovane soprano lituano Ausrine Stundyte, che durante la stagione 2019 interpreterà Salome anche alla Wiener Staatsoper e alla Staatsoper Unter den Linden di Berlino.
La Prima dello spettacolo sarà trasmessa in diretta su Radio3 Rai.
Al debutto Salome non ricevette un’accoglienza calorosa, suscitando scandalo e irritazione da parte del pubblico per il sadismo e la violenza del soggetto e il pungente erotismo che emanava la musica. Strauss infatti esaspera l’ordito strumentale fino a considerare l’orchestra come vera protagonista dell’opera – tanto che alcuni lo considerano un poema sinfonico drammatizzato -. La storia è quella di Salome, figlia di Erodiade, che si dice innamorata di Jochanaan (Giovanni Battista), ma da lui non corrisposta e fortemente respinta. Risentita da questo rifiuto, la protagonista danzerà per il tiranno Erode, di lei invaghita, per ottenere in cambio la decapitazione del Battista.
Dramma in un atto di Hedwig Lachmann dal poema omonimo di Oscar Wilde
Musica di Richard Strauss
Direttore Juraj Valčuha
Regia Gabriele Lavia
Regia ripresa da Gianni Marras
Scene Alessandro Camera
La Prima di venerdì 15 febbraio ore 20.00 sarà preceduta, alle 19.15 in Rotonda Gluck, da un breve incontro sull'opera con il critico musicale del «Corriere della Sera» Enrico Girardi – che ha curato le note al programma di sala dello spettacolo – e con il Sovrintendente del Teatro Comunale Fulvio Macciardi.
La recita di martedì 19 febbraio ore 20.00 verrà trasmessa in diretta streaming sul canale YouTube del Teatro Comunale di Bologna.
Menelao, l’uomo più ricco della terra, sposo della donna più bella del mondo, vincitore a Ilio e regnante di Sparta, ha tutto ma non la felicità. Intuisce che qualcosa non funziona nella sua vita apparentemente così comoda; eppure non è capace di fare qualcosa per cambiare la sua situazione. Figlio di una società in cui il mercato – come ricorda Zygmunt Bauman – tende a mantenere aperto l’orizzonte del desiderio perché questo non sia mai soddisfatto, il protagonista si trova alla mercè di aspirazioni eternamente incompiute. Non gli basta quel che la vita gli ha dato e brama ciò che non ha. Vorrebbe morire come un eroe, ma non è questo il suo destino; vorrebbe vivere felice come una persona qualsiasi, ma non si accontenta di esserlo. Come ogni uomo abituato ad avere davanti a sé molteplici opzioni, Menelao – per pietà o per paura – è incapace di sceglierne una, cadendo nello scacco di un’aporia a cui non vede soluzione. Così il non-eroe greco vive la peggiore delle tragedie: quella di una sofferenza che non conosce fine, una vita che non conosce redenzione, una storia che non conosce finale.
Rielaborazione in chiave contemporanea dei miti legati alla casa degli Atridi, ma anche lucida riflessione sul concetto di “tragico” nella contemporaneità, Menelao ha ricevuto nel 2016 la Menzione speciale della giuria alla prima edizione del Premio Platea.
di Davide Carnevali
spettacolo costruito, interpretato e diretto da Teatrino Giullare
co-produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione e Teatrino Giullare
La leggenda della fondazione di Roma e dello scontro fratricida tra i gemelli Remo (Alessandro Borghi) e Romolo (Alessio Lapice). Grazie alla fotografia con luce naturale di Daniele Ciprì e all'invenzione linguistica di un protolatino arcaico, il regista di Veloce come il vento riesce a creare una realtà storicamente credibile, capace però di mantenere intatta la forza del mito. Rovere segue, con coraggio, un immaginario vicino a certo cinema internazionale (da Apocalypto a Revenant passando per il Valhalla Rising di Refn) e lontano da quello dei nostri 'sandaloni' anni Cinquanta e Sessanta. "È una delle operazioni più coraggiose e originali del recente cinema italiano. Non un'operazione meramente autoriale, ma anzitutto un prototipo per rinnovare il nostro cinema di genere. È la conferma che il cinema italiano è molto più vario di come a volte ce lo raccontano" (Emiliano Morreale).
Apre a San Lazzaro di Savena la Fondazione Massimo e Sonia Cirulli, una nuova istituzione privata italiana che nasce sulla base di un archivio storico dedicato alla cultura italiana del XX secolo, avviato a New York nel 1984 dai suoi fondatori, Massimo e Sonia Cirulli e che oggi conta una collezione di alcune migliaia di pezzi.
Contestualmente all’apertura dello spazio inaugura la mostra Universo Futurista, a cura di Jeffrey T. Schnapp e Silvia Evangelisti, focalizzata sul nucleo della collezione dedicato a questo periodo storico (1909 -1939) su cui non cessa di rinnovarsi l’attenzione degli studiosi, attraverso mostre e pubblicazioni, e del pubblico. La mostra presenta una selezione di opere dalla collezione della Fondazione Cirulli e pone l’accento su tematiche centrali dell’estetica futurista come l’inno alla vitalità creativa, alla giocosità e alla fantasia di un’arte che rallegra il mondo ricreandolo integralmente, riprendendo le parole del Manifesto “Ricostruzione Futurista dell’Universo” redatto nel 1915 da Giacomo Balla e Fortunato Depero. L’estetica futurista muove i suoi passi da un nuovo modo di concepire la creazione artistica, che supera i confini delle arti tradizionali e coinvolge la vita quotidiana nella sua totalità per diventare “arte totale”, creando un legame strettissimo tra arte e vita.
Universo Futurista approfondisce questa nuova concezione estetica attraverso l’accurata selezione di dipinti, sculture, oggetti di design, disegni progettuali, fotografie e fotomontaggi, manifesti pubblicitari e documenti autografi di ogni genere realizzati da artisti futuristi dal 1909 fino alla fine degli anni ‘30 del Novecento.
Attraverso una straordinaria varietà di opere della Fondazione Cirulli, il percorso espositivo propone "ambientazioni" dedicate a tematiche care ai futuristi come la velocità, l’energia, il progresso, l’uomo meccanizzato e il design domestico.
Come spiega lo studioso americano Jeffrey T. Schnapp, co-curatore della mostra, il progetto non segue un’impostazione storico-artistica tradizionale ma propone “un percorso esplorativo attraverso l’abbondanza e la molteplicità dei materiali conservati nella collezione della Fondazione, evidenziando raggruppamenti, costellazioni, ritmi diversi di opere e variazioni di misura dal grande al piccolo, dal pieno al vuoto”.
In mostra un nucleo di oltre 200 opere realizzate in diversi materiali, forme e misure create da artisti quali Balla, Boccioni, Bonzagni, Bucci, Casarini, Chiattone, D’Albisola, Depero, Diulgheroff, Guerrini, Korompay, Licini, Marchi, Marinetti, Masoero, Munari, Prampolini, Russolo, Schawinsky, Sant’Elia, Sironi, Tato, Thayaht.
Apertura al pubblico
sabato e domenica ore 11-20 (ultimo ingresso ore 19.00)
Gruppi prenotazione obbligatoria
martedì-domenica
(le visite sono possibili anche in orari diversi da quelli di apertura al pubblico. Contattare direttamente la segreteria per informazioni).
Per prenotazioni: info@fondazionecirulli.org
Biglietti
Intero € 10,00
Ridotto € 8,00
Gruppi da 10 fino a 20 persone
Visitatori over 65
Card Musei Metropolitani Bologna
Ridotto € 5,00
Gruppi da 21 a 25 persone
Studenti dai 6 ai 18 anni
Studenti universitari con tessera in corso di validità
Scolaresche
Sconto del 10% sul costo del catalogo per i possessori della Card Musei Metropolitani.
Foto tratta da Artribune
Realizzata nell’ambito del Festival Francescano, la mostra presenta una nutrita selezione dei vari cicli liturgici, realizzati tra il XIII e il XV secolo per la basilica bolognese di San Francesco, che attualmente fanno parte della ricca collezione di codici miniati del Museo Civico Medievale.
Tra questi si segnala la serie di preziosi graduali francescani riccamente miniati dal cosiddetto Maestro della Bibbia di Gerona, protagonista assoluto della decorazione libraria bolognese della fine del Duecento. Prossimi a questa anche la serie poco più tarda degli antifonari, anch'essi ampiamente decorati, ispirandosi in parte alle più antiche esperienze del Giotto assisiate, evidentemente filtrate in città attraverso lo stesso ordine dei frati minori.
A queste prime serie di corali ne seguirono altre nel corso del Quattrocento, quando i frati minori si affidarono a vari miniatori coordinati dal bolognese Giovanni di Antonio, per decorare intorno al 1440-50 alcuni dei loro libri liturgici, anch'essi presentati in occasione della mostra.
sabato 22 settembre 2018 h 10.30, giovedì 11 ottobre 2018 h 17, domenica 21 ottobre h 16.30, giovedì 22 novembre 2018 h 17, giovedì 20 dicembre 2018 h 17, domenica 13 gennaio 2019 h 16.30, giovedì 14 febbraio 2019 h 17, giovedì 7 marzo 2019 h 17
Ingresso biglietto museo (€ 5,00 intero / € 3,00 ridotto)
La mostra presenta al pubblico, per la prima volta, il ricco corpus di opere entrate nella collezione della Raccolta Lercaro grazie alla donazione disposta nel 1997 dall’artista Sandro Cherchi (Genova 1911-1998) e, successivamente, dalla moglie Anna.
Oltre a disegni, incisioni, ceramiche e vetri realizzati dall’artista stesso, il nucleo comprende opere della sua collezione privata: due splendidi disegni su carta di Marino Marini, una cera graffita di Felice Casorati, una fragile quanto preziosa ceramica smaltata di Lucio Fontana, seguita da un grande foglio di carta ancora “impastato” di argilla su cui sono tracciati studi e bozzetti per sculture diverse. Poi ancora, un carboncino di Ennio Morlotti, diversi disegni di Mino Maccari, al confine tra umorismo vignettistico e satira, un delicatissimo ritrattino femminile di Pietro Marussig, una natura morta su carta di Giuseppe Santomaso, due litografie di Pablo Picasso, una di Jean Dubuffet e un lavoro di Emilio Scanavino. Infine, due opere antiche: un’icona e un disegno a penna su carta del XVIII secolo. Ad eccezione di queste ultime, che testimoniano l’ampio respiro degli interessi figurativi di Cherchi, tutte le altre opere provengono dalle ricerche di artisti a lui coetanei e riflettono la rete di relazioni che lo circondava. Si tratta, infatti, di lavori entrati nella sua casa e nel suo studio grazie a quello scambio di pezzi che è prassi costante fra intellettuali che si stimano e che hanno occasione, anche per un breve periodo, di lavorare insieme. Una raccolta che assume un particolare significato culturale in quanto testimonianza non solo delle frequentazioni dello scultore ligure, della ricchezza e della continuità dei suoi rapporti artistici, ma anche della vivacità del clima culturale che, nel dopoguerra, ha caratterizzato quell’ampio “triangolo” territoriale compreso tra Milano, Torino e Genova in cui Cherchi ha lavorato.
Sandro Cherchi, artista interessante, avvia la propria attività di scultore a Genova, ma nel 1936 si trasferisce a Milano, dove conosce Renato Birolli, Giacomo Manzù, Bruno Cassinari, Giuseppe Migneco, Aligi Sassu, Duilio Morosini, Raffaele De Grada ed Ernesto Treccani, con i quali entra a far parte del gruppo Corrente. Nel 1942, in pieno conflitto, ritorna nella sua città natale e inizia ad interessarsi alla lavorazione plastica della ceramica su stimolo di Lucio Fontana, che lo invita ad Albisola. Da questo momento e fino alla fine della vita la ceramica rimarrà una costante nella sua ricerca artistica. A metà del secolo si verifica, lentamente, un’evoluzione del suo linguaggio espressivo, che procederà sempre più verso la bidimensionalità della pittura e che troverà il suo apice negli anni Sessanta, quando Cherchi si trasferirà a Torino per insegnare all’Accademia Albertina. Qui, immerso in un ambiente culturale che sta vivendo una stagione sperimentale giocata tra arte informale e “poverismo”, egli allarga ulteriormente la rete dei suoi contatti. La sua collezione oggi esposta in mostra è testimonianza di quell’atmosfera vivacissima, connotata da scambi, commistioni tra politica, spettacolo, critica e impegno culturale, e animata dal ruolo attivo delle gallerie d’arte.
Mostra a cura di Andrea Dall’Asta SJ promossa da Fondazione Lercaro.
Mercoledì 3 ottobre 2018, ore 18 > inaugurazione mostra
giovedì e venerdì ore 10-13, sabato e domenica ore 11-18.30
Il 4 ottobre (San Petronio) e il 1° novembre il museo resterà aperto con orario ordinario
Il Museo Civico Archeologico di Bologna ospita le opere dei due più grandi Maestri del Mondo Fluttuante: Katsushika Hokusai (1760-1849) e Utagawa Hiroshige (1797-1858).
La mostra espone, per la prima volta in Italia, una selezione straordinaria di circa 250 opere provenienti dal Museum of Fine Arts di Boston.
Il progetto di mostra, diviso in 6 sezioni tematiche, curato da Rossella Menegazzo con Sarah E. Thompson, è una produzione MondoMostre Skira con Ales S.p.A Arte Lavoro e Servizi in collaborazione con il Museo di Boston, promosso dal Comune di Bologna | Istituzione Bologna Musei e patrocinato dall’Agenzia per gli Affari Culturali del Giappone, dall’Ambasciata del Giappone in Italia e dall’Università degli Studi di Milano.
L’esposizione prosegue le iniziative avviate nel 2016 per il 150° anniversario delle relazioni bilaterali Italia‐Giappone.
Gli anni trenta dell’Ottocento segnarono l’apice della produzione ukiyoe nota come Immagini del Mondo Fluttuante. In quel periodo furono realizzate le serie silografiche più importanti a firma dei maestri che si confermarono come i più grandi nomi dell’arte giapponese in Occidente.
Tra questi spiccò da subito Hokusai, artista e personalità fuori dalle righe che seppe rappresentare con forza, drammaticità e sinteticità insieme i luoghi e i volti, oltre che il carattere e le credenze della società del suo tempo. Egli è considerato uno dei più raffinati rappresentanti del filone pittorico dell’ukiyoe.
Più giovane di circa vent’anni rispetto a Hokusai, Hiroshige divenne un nome celebre della pittura ukiyoe poco dopo l’uscita delle Trentasei vedute del monte Fuji del maestro grazie a una serie, nello stesso formato orizzontale, che illustrava la grande via che collegava Edo (l’antico nome di Tokyo) a Kyoto.
Una nuova mostra temporanea va ad arricchire il percorso espositivo permanente del MUV, che espone al pubblico sia reperti di eccellenza provenienti dagli scavi di Marano di Castenaso, fra cui la famosa Stele delle spade del VII sec. a.C., sia la ricostruzione di una capanna villanoviana in dimensioni reali e completamente arredata, che campeggia nel giardino del Museo.
La mostra Oggetti dal quotidiano: un giorno all’interno di un villaggio villanoviano rappresenta per il visitatore un viaggio nel tempo fino alla prima età del Ferro italiana e si pone come integrazione ideale alla visita guidata alla capanna villanoviana.
In esposizione attrezzi e utensili legati sia ad attività femminili per eccellenza, come la filatura, la tessitura, la preparazione, la conservazione e la cottura dei cibi, sia a pratiche tipiche del genere maschile, come l’agricoltura, l’allevamento, la caccia e la pesca. Si tratta di un’importante occasione per ospitare al MUV una ricca selezione di materiali emersi da scavi di abitato, solitamente poco esposti nei musei, provenienti dall’Etruria padana e non solo, così da permettere un confronto con le coeve civiltà dell’Italia centro-meridionale.
Il percorso di visita è incentrato su alcuni reperti di grandi dimensioni collocati su una pedana al centro della sala: tre doli, ovvero tre grandi vasi ceramici di forma sferica, utilizzati per immagazzinare provviste alimentari come cereali e legumi tostati ed essiccati, ed un anello di terracotta pertinente alla camicia di un pozzo. Attorno a questi reperti di grandi dimensioni, posizionati al centro della stanza e fuori dalle vetrine, sono disposte le teche con gli strumenti e gli utensili relativi alle attività tipiche di una giornata all’interno di un villaggio villanoviano.
La mostra, che resterà aperta fino al 9 giugno 2019, arricchisce e qualifica il percorso museale del MUV, favorendo dal punto di vista didattico la conoscenza di usi e costumi di questo remoto aspetto culturale della prima Italia, tipico dell'area bolognese e non solo. Affiancheranno la mostra e la consueta attività didattica sia le visite guidate a tema per gruppi di adulti, sia i percorsi laboratoriali rivolti alle scuole, incentrati sulla capanna, sui Villanoviani in generale e sulle tematiche affrontate nell’esposizione, includendo approfondimenti specifici sulle attività domestiche.
Inaugurazione
sabato 13 ottobre 2018 - ore 16.30
saluti istituzionali
visita guidata alla mostra
brindisi
domenica 14 ottobre
ingresso gratuito con visite guidate alle ore 16 e 17
La mostra è stata realizzata dal Comune di Castenaso in collaborazione con altre istituzioni.
Orari di apertura
martedì e domenica: 15.30-18.30; dal mercoledì al sabato: 9.00-13.00
Ingresso gratuito per gli abbonati Card Musei Metropolitani
Il riallestimento di una parte delle Collezioni Comunali d’Arte, necessaria per consentire lavori alle coperture di Palazzo d’Accursio, è stata trasformata in un’occasione per accostare diversamente le opere del museo e per farle dialogare in un percorso tematico.
Attraverso i soggetti cari alla cultura figurativa dei secoli passati, si racconta il cambiamento dal XIII al XVIII secolo dell’uso della figura umana nell’arte occidentale, per narrare sia l’essenza del divino, sia la vita e i sentimenti quotidiani. Nell’esposizione si alternano le sale dedicate ai due aspetti, mettendo in mostra la ricca collezione di sculture e di dipinti medievali, le preziose tavole di Francesco Francia, Amico Aspertini e Luca Signorelli, le tele di Prospero Fontana, Ludovico Carracci, Guido Cagnacci, Donato Creti, Gaetano Gandolfi, Pelagio Palagi.
Il Medioevo ricorre alla rappresentazione del corpo per dare un’identità alla dimensione religiosa nelle sue differenti manifestazioni (Padre Eterno, Cristo, la Vergine, i santi), mentre nel Rinascimento il corpo rappresentato in modo naturalistico diviene fondamentale per dare un volto alla santità e facilitare la divulgazione della dottrina cattolica.
Ingresso biglietto museo (€ 5,00 intero / € 3,00 ridotto)
sabato 10 novembre h 16.30, domenica 18 novembre h 16.30, domenica 25 novembre h 10.30, domenica 16 dicembre h 16.30, sabato 22 dicembre h 10.30, sabato 12 gennaio h 10.30, giovedì 17 gennaio h 17, giovedì 7 febbraio h 17, domenica 24 febbraio h 10.30
L’esposizione presenta al pubblico una parte significativa delle collezioni del Museo Indiano cittadino, inaugurato nel palazzo dell'Archiginnasio nel 1907, grazie alla compartecipazione delle autorità comunali e universitarie, e chiuso nel 1935, in seguito alla morte del suo fondatore, Francesco Lorenzo Pullè.
Il nome del Museo lascia immaginare la presenza di raccolte unicamente legate al panorama artistico e culturale dell'India, ma in realtà le collezioni si componevano di materiali provenienti da India, Cina e Giappone, oggi conservati presso il Museo Civico Medievale e il Museo di Palazzo Poggi, che collabora all'iniziativa con alcuni prestiti. Particolare rilievo è dato alla presenza di statue del pantheon buddhista himalayano e cinese, così come alla ricchissima collezione fotografica, che risulta essere una delle più cospicue e dettagliate raccolte di riproduzioni riferite all'arte del Gandhara presente in Europa e, con tutta probabilità, nel mondo, superando per importanza analoghe collezioni depositate presso il British Museum e il Victoria & Albert Museum.
L'esposizione ha quindi l'obiettivo di presentare il ricco patrimonio di materiali di matrice buddhista disponibili, compresi alcuni importanti oggetti recentemente restaurati, senza dimenticare di considerare le espressioni artistiche della cultura hindu propria dell'India.
sabato 24 novembre h 10.30, domenica 2 dicembre h 16.30, sabato 15 dicembre h 10.30, mercoledì 19 dicembre h 17, domenica 30 dicembre h 16.30, domenica 13 gennaio h 10.30, sabato 19 gennaio h 10.30
Ingresso biglietto museo (€ 5,00 intero / € 3,00 ridotto)
La mostra, Il mondo delle meraviglie, è articolata in due sezioni distinte ma coordinate, I monumenti della storia universale di J.B. Fischer von Erlach, a cura di Marco Folin e Monica Preti, allestita in Archiginnasio e Antonio Basoli e J.B. Fischer von Erlach, visitabile presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna fino al 19 gennaio e curata da Marco Folin, Eleonora Frattarolo e Monica Preti.
L'esposizione ruota intorno all'esemplare posseduto dalla Biblioteca dell'Archiginnasio di un'opera celebre: il Saggio di un'architettura storica (Entwurff einer historischen Architectur, 1725) dell'architetto austriaco Johann Fischer von Erlach (1656-1723), uno dei maggiori esponenti del barocco viennese.
Inaugurazione giovedì 29 novembre:
alle ore 16.30 verrà inaugurata, con una visita dei curatori Marco Folin e Monica Preti, Il mondo delle meraviglie. I monumenti della storia universale di J.B. Fischer von Erlach, allestita in Archiginnasio
alle ore 18, presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna, sarà inaugurata la sezione Il mondo delle meraviglie. Antonio Basoli e J.B. Fischer von Erlach con visita guidata dei curatori Marco Folin, Eleonora Frattarolo e Monica Preti.
Orari mostra nella biblioteca dell’Archiginnasio:
dal 30 Novembre 2018 al 3 Marzo 2019
lunedì - sabato: 9>19; domenica: 10>14
8, 26, dicembre, 6 gennaio: 10>19; 1° gennaio: 14>19; 24 e 31 dicembre: chiusura ore 18. 25 dicembre: chiuso
ingresso libero
In occasione del cinquantesimo anniversario del Sessantotto studentesco, il Museo Europeo degli Studenti ha dedicato a questo tema un percorso espositivo all’interno delle sue sale. Il filo conduttore della mostra è legato all’espansione planetaria del movimento che, oltre a diffondersi nello spazio geografico, funse da volano a una serie di proteste e rivendicazioni sviluppatesi in parallelo al di fuori dell’Università.
Il movimento, nato originariamente a metà degli anni Sessanta negli Stati Uniti in opposizione alle discriminazioni razziali e alla guerra in Vietnam, raggiunse la sua massima espansione nel 1968 nell’Europa occidentale, col suo apice nel Maggio francese.
Se le università furono indubbiamente il contesto di formazione del movimento, di fatto la contestazione fuoriuscì ben presto da campus e atenei per attraversare luoghi di lavoro, città, istituzioni culturali e altri spazi ancora. Documenti, libri, foto, audio e video presentati all’interno del percorso espositivo intendono rendere conto della straordinaria estensione territoriale raggiunta dalla contestazione, coinvolgendo svariati contesti sociali.
L’esposizione, curata da Maria Teresa Guerrini e Marica Tolomelli, è stata realizzata dal Sistema Museale di Ateneo in collaborazione con il Dipartimento di Storia Culture Civiltà e con l'Archivio Storico dell’Università di Bologna.
Orari di apertura
da mercoledì a venerdì: 10.00 - 13.00
sabato, domenica e festivi: 10.00 - 18.00
chiusure: 24 e 25 dicembre, 1 gennaio, 1 maggio
Biglietti
Intero: 5€
Card Musei Metropolitani: 3€
Gratuito: studenti Unibo; 0-6 anni
La mostra, organizzata da Fondazione Carisbo e Genus Bononiae – Musei nella città, in collaborazione con Eredi Bonvicini, è un omaggio all’esercito di fumetti più famoso al mondo, le Sturmtruppen che quest’anno compiono appunto 50 anni di vita.
Era il 1968 quando Bonvi, al secolo Franco Bonvicini, presentò la prima striscia delle sue Sturmtruppen a Lucca vincendo il premio di Paese Sera come miglior esordiente.
Il materiale esposto a Palazzo Fava, oltre 250 opere originali, tutte messe a disposizione dall’Archivio Bonvicini e in gran parte inedite, illustra i meccanismi creativi della striscia italiana più famosa al mondo, mostrandone lo spirito caustico sempre attuale.
Sono previste visite guidate e iniziative per famiglie e adulti. Scopri tutte le proposte dei servizi educativi nelle sezioni dedicate.
da martedì alla domenica ore 10.00-20.00
La biglietteria chiude un’ora prima della chiusura del Palazzo
Biglietto ridotto € 6 per gli abbonati Card Musei Metropolitani
Il progetto personale di Massimo Kaufmann presenta sei opere (olio su tela) di grande formato, installate all’interno della Sala Farnese al secondo piano di Palazzo d’Accursio in dialogo con un ciclo di affreschi del XVII secolo, opera della bottega di Carlo Cignani, che rappresentano alcuni episodi della storia della città di Bologna.
Dalla letteratura alla pittura, nella ricerca di Massimo Kaufmann il cortocircuito di grazia avviene nel liminare tra i sensi di un Tiresia contemporaneo: una narrazione astratta che si dispiega su tele di colore dove l’occhio può discernerla e percepirne le atmosfere. Accompagnata dalle suggestioni della fisica epicurea, filtrate dalla lettura De Rerum Natura di Lucrezio, la pittura di Kaufmann indaga la ritmica del caos in una serie di opere dedicate al Clinamen, termine che suggerisce l'indeterminatezza della materia e l’imponderabilità del caso. I dittici, i trittici e i polittici evocano una concezione letteraria della pittura; non a caso, il titolo della mostra è una citazione dal Canzoniere di Francesco Petrarca.
Mostra a cura di Giusi Affronti in collaborazione con DO UT DO e Art Defender
martedì - domenica h 10-18.30
venerdì 1 e domenica 3 febbraio h 10-20; sabato 2 febbraio h 10-24
Mostra Vajiko Chachkhiani. Glass Ghosts alla Galleria de’ Foscherari fino al 19 marzo 2019.
La pratica artistica di Vajiko Chachkhiani si caratterizza come una drammaturgia spirituale, mediante un'esplorazione di aspetti decisivi della vita umana, quali la morte, il rapporto irrisolto tra il passato e il presente e la cognizione individuale del dolore. Attraverso le sue sculture e installazioni, l'artista affronta condizioni psicologiche come la solitudine e la violenza, tracciando con esse un confronto serrato con la religione, la politica e la mitologia. Frequentemente basate su azioni trasformative, molte delle sue sculture hanno una natura ibrida, dove l'immagine iniziale diventa una chiave per accedere a una dimensione più profonda e oscura, non lontana dal territorio della psicanalisi.
venerdì 1 febbraio ore 11-20, sabato 2 febbraio ore 11-24 e domenica 3 febbraio ore 12-19
Winter which was not there
Cotton candy
Heavy metal Honey
L’Ariete artecontemporanea, nell’ambito del suo impegno di ricerca e valorizzazione di talenti italiani e internazionali delle nuove generazioni, presenta in occasione di ART CITY Bologna il giovane artista cinese Jingge Dong. Nato a Pechino nel 1989, Jingge Dong consegue nel 2011 il Bachelor of Art dell’Università Normale di Shangai e nel 2015 il Master della Scuola di Laurea dell’Accademia d’Arte Nazionale Cinese.
In mostra opere di grandi dimensioni dedicate ai due temi oggetto della sua ricerca, la notte bianca e il paesaggio del caos. “Ho fatto una serie di ricerche con il tema del caos come soggetto. Il mio percorso creativo ne è stato molto influenzato, in particolare da una coincidenza: una sera, nel laboratorio di Forte Marghera, ci fu un blackout. In quel momento vidi il caos. Una visione fantastica. Tutti gli elementi che scoprivo al buio avevano un carattere comune. L'incertezza. Da allora, ho usato la riflessione per osservare la bellezza delle cose indefinite. Libertà e iniziativa influenzano le mie creazioni che, pur avendo dei riferimenti nel reale, partono da me e dalla mia immaginazione. Il dipinto è il mio dipinto.”
martedì-sabato ore 17-19 o su appuntamento
Spazio Labo’ presenta il progetto espositivo On Love and Other Matters, personale di Richard Renaldi che mostrerà in anteprima a Bologna il lavoro più recente del fotografo statunitense, I Want Your Love, e altre tre serie mai esposte prima, tra cui Hotel Room Portraits e Pier 45.
La mostra, in parte realizzata in collaborazione con il Si Fest di Savignano sul Rubicone, si sviluppa dall’ultimo progetto di Renaldi, di natura autobiografica, per espandere la ricerca sul tema delle relazioni che l’artista americano porta avanti da oltre vent’anni attraverso l’esposizione in formato video di lavori precedenti tuttora inediti. I Want Your Love è l’autobiografia visiva di Richard Renaldi, il racconto dei momenti più intimi di una vita apparentemente incantata. Il lavoro esplora, attraverso l’archivio personale del fotografo, cosa significa essere giovani e in perpetua ricerca, di sé, degli altri, di un posto nel mondo; come si cresce e matura anche attraversando momenti dolorosi, a volte tragici, indispensabili ponti di passaggio per comprendere cosa custodire e amare nella vita di tutti i giorni e come farlo al meglio.
La mostra vuole aggiungere alla ricerca contenuta in I Want Your Love una riflessione più ampia sul tema dell’amore e della relazione con gli altri, attraverso la particolare lente di un artista che ha vissuto profondamente le vicende della comunità LGBT americana, e che ancora oggi lavora schierato in prima fila per il diritto alla realizzazione affettiva degli individui di ogni orientamento sessuale.
Richard Renaldi sarà presente a Spazio Labo' sabato 2 febbraio e domenica 3 febbraio, protagonista di un talk, una visita guidata e un dinner party.
A cura di Laura De Marco in collaborazione con Si Fest – Savignano Immagini Festival
venerdì-domenica ore 11-13 / 15-19
I primi cinque artisti invitati durante il 2019 dal museo temporaneo del navile sono chiamati a confrontarsi e a sviluppare una mostra che indaghi il concetto di territorialità, tema centrale dell’attuale periodo storico. Oltre ogni atteggiamento ideologico e parziale questo tema richiede una comprensione della realtà, e dei suoi retroscena, che abbia il coraggio di estroflettersi dalla mera contingenza al fine di proporre nuovi punti di vista e comportamenti possibili, condividendoli con la collettività.
Il primo progetto è quello di Silla Guerrini, la quale declina il tema della territorialità attraverso i parametri dell’archetipo. Il tema centrale della sua mostra è infatti una grande dea madre di pane. L’artista si rivolge a questa immagine universale per evidenziare che il pianeta terra e il suo destino sono il vero territorio comune a tutti gli esseri umani. Cura, nutrimento, condivisione, sono i parametri che l’artista usa per ampliare il concetto di territorio, attivando anche un’azione che coinvolgerà gli abitanti del quartiere. Nel suo progetto di mostra Silla Guerrini fa inoltre riferimento ai recenti ritrovamenti archeologici in zona, creando un ponte tra passato e presente.
A cura di museo temporaneo del navile promosso da Quartiere Navile
martedì-sabato ore 10-20
Villa delle Rose ospita un’ampia retrospettiva dedicata a Goran Trbuljak. L’artista croato, attivo dalla fine degli anni ‘60 nell’ambito dell'arte concettuale e della cosiddetta New Art Practice, si è dedicato fin dall’inizio alla ricerca di mezzi alternativi di produzione e rappresentazione dell'opera d'arte, interrogando e mettendo radicalmente in discussione il sistema dell’arte, le pratiche museali e le dinamiche del mercato.
La mostra, che arriva dal Centre d'Art Contemporain Genève in una versione fortemente rivista per gli spazi di Villa delle Rose, propone opere degli ultimi 50 anni, comprendenti dipinti, frottage, monocromi, fotografie, film, libri e documentazioni delle azioni performative di Trbuljak.
I suoi lavori denotano una speciale capacità di toccare le nostre corde interiori grazie all’umorismo, cosa che lo differenzia dall'attività di numerosi altri artisti che, tra gli anni Sessanta e Settanta, hanno lavorato sulla dematerializzazione dell'opera d'arte con pratiche legate alla parola e alla performance.
Mostra a cura di Lorenzo Balbi e Andrea Bellini
Promossa da Istituzione Bologna Musei | MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna
venerdì, sabato e domenica h 14-18
venerdì 1, sabato 2 e domenica 3 febbraio h 10-20
SOLO L’orMa è la seconda personale alla Galleria SPAZIO TESTONI di Bologna dell’artista (Lorenzo Mariani, in arte L’orMa, Milano 1985), che in collaborazione con la galleria dal 2011, è stato il vincitore del Premio Euromobil Under 30 in Arte Fiera 2016, vincitore assoluto del Premio ARTEAM CUP 2016 con una successiva personale allo Spazio ARTE CuBo Unipol Bologna nel 2017 e nel 2018, per la sua singolare e poliedrica espressività, è stato scelto dalla Commissione di Laurea in Fenomenologia dell’Arte Contemporanea dell’Università di Bologna per la Tesi di Laurea Magistrale dal titolo “L’ORMA UN ARTISTA EMERGENTE NEL PANORAMA ITALIANO” di Chiara Conti, curatrice di questa mostra.
A cura di Chiara Conti.
martedì-venerdì ore 16-20, sabato ore 10.30-13 / 16-20, domenica, lunedì e altri orari su appuntamento
Alla sua terza personale alla Galleria Forni, Loris Liberatori presenta una quindicina di lavori recenti dedicati al paesaggio e alle sue luci. Conosciuto come “Il pittore dell’acqua” da anni conduce la sua ricerca sul mondo liquido e gli straordinari effetti di luce che produce.
Una sfida pittorica che si concretizza nel gesto, nell’espressione della materia, nel colore, con la finalità di evocare forme e sensazioni. L’aspetto formale acquisisce importanza soprattutto con i grandi formati, sui quali l'autore predilige lavorare, sebbene frammentati in più tele, come polittici medievali.
L’immagine è spezzata e si offre allo spettatore come finestre dalle quali è possibile ammirare lo spettacolo della natura. Una natura che si riflette nei corsi d’acqua e nei laghi, dall’Oasi di Ninfa ai più famosi giardini del mondo. Il figurativo e l’astratto si incontrano poiché, come afferma l’autore “ogni frammento è un’opera a sé, informale, ma accostato agli altri racconta una storia.”
ore 10-30-13.30 / 15-19 (chiuso lunedì e festivi)
Nel cortile di Palazzo d’Accursio compare una grande scultura di Eduard Habicher, protagonista di una personale alla Galleria Studio G7, costituita da putrelle in acciaio IPe140 modellate quasi si trattasse di materia duttile e morbida. Il colore rosso vivo ne sottolinea la grande forza ed emana energia.
La struttura forma una grande semisfera dove il visitatore stesso può entrare sentendosi accolto da un abbraccio delicato e morbido. È tutto un universo che si apre. Lo spazio risulta così delimitato dalle linee rosse, e allo stesso tempo riesce a rimanere aperto e fluttuante.
Installazione esterna curata da Gabriele Salvaterra
martedì – domenica h 10-18.30
venerdì 1 e domenica 3 febbraio h 10-20; sabato 2 febbraio h 10-24
Professione: reporter
Una delle “serie” più recenti, fra quelle esposte da Nanni Balestrini alla galleria AF di Bologna, s’intitola Periscope. Ha per data il 2016 e l’app digitale cui s’intitola ha conosciuto diffusione globale giusto l’anno prima: quando Twitter l’ha acquistata e fatta conoscere al mondo. Tecnologicamente non cambiava molto, in effetti, rispetto ad altri dispositivi di trasmissione in streaming, anche tramite Smartphone. Probabile allora che il suo successo si debba – potenza del marketing! – in gran parte al suo nome: che evoca lo strumento ottico (perfettamente analogico) col quale i natanti sottomarini potevano, e possono, osservare la situazione in superficie senza far emergere lo scafo. Le immagini realizzate da Balestrini, col suo consueto talento combinatorio, sono frammenti di contemporaneità colti solo in determinati momenti, infrangendo la pellicola sempreuguale del quotidiano, emergendo furtivamente sulla scena per poi subito rinabissarsi nel flusso insondabile del proprio vissuto. L’artista è dunque un Reporter (così s’intitola una “serie” che è invece fra le prime, in ordine cronologico, risalendo al 1979): che ci riconsegna un’immagine del presente, impietosa e stravolta, de-costruendo (e ri-costruendo) la vulgata mediatica che ideologicamente ce ne apparecchia e ammannisce una versione di comodo. I frammenti della comunicazione – come i titoli di giornale nella primissima “serie”, emblematicamente intitolata Tempo e risalente al 1967 – vengono così détournati e costretti ad acquistare sensi nuovi e trasgressivi, esplosivamente imprevisti dalle agenzie di indottrinamento e controllo dell’opinione. Infatti quelle immagini del “presente” degli anni Sessanta, o Settanta, o anche solo di una settimana fa, oggi ci restituiscono il nostro passato. Il reporter si scopre così storico, anzi historicus: esattamente come è capitato al narratore di Vogliamo tutto, o della Violenza illustrata. Il tempo dell’artista è sempre un altro, diverso da quello che crediamo di conoscere, sempre out of joint: e così ci mostra – con la durezza stoica di un sommergibilista in missione – che, a dispetto dell’ideologia che descrive il presente in cui viviamo come l’unico a nostra disposizione, ce n’è sempre un altro possibile. (Testo di Andrea Cortellessa)
da martedì a sabato, 10:00 -12:30 | 15:30 –19:00
A partire da febbraio 2018 sono disponibili posti riservati agli abbonati Card Musei Metropolitani per visite guidate agli scavi archeologici sotto la Piazza Coperta di Salaborsa.
Un bibliotecario accompagnerà i partecipanti alla scoperta degli scavi percorrendo un itinerario nel cuore della città attraverso secoli di storia. Si potranno ammirare i resti della basilica civile di Bononia, le fondamenta delle case medievali dell’area di palazzo d’Accursio e le vestigia dell’Orto Botanico del naturalista Ulisse Aldrovandi.
Il ritrovo per le visite è davanti all’entrata degli scavi, al piano interrato. È richiesta un’offerta libera per il sostegno delle spese.
Prenota qui la tua visita guidata scegliendo una data fra quelle elencate.
sabato 26 gennaio 2019 17:15
giovedì 31 gennaio 2019 17:15
sabato 9 febbraio 2019 10:15
giovedì 14 febbraio 2019 17:15
sabato 23 febbraio 2019 17:15
giovedì 28 febbraio 2019 17:15
sabato 9 marzo 2019 10:15
giovedì 14 marzo 2019 17:15
sabato 23 marzo 2019 17:15
giovedì 28 marzo 2019 17:15
sabato 6 aprile 2019 10:15
giovedì 11 aprile 2019 17:15
giovedì 18 aprile 2019 17:15
In occasione del Giorno della Memoria e dell’80esimo anniversario della promulgazione delle Leggi Razziali in Italia, il Museo Ebraico ospita nei suoi spazi espostivi la mostra “1938 LA STORIA”, realizzata dalla Fondazione Museo della Shoah di Roma e curata da Marcello Pezzetti e Sara Berger. La mostra, con forte valenza didattica e divulgativa, permette di focalizzare uno dei periodi più bui della storia d’Italia (1938-1943), quello in cui il governo ha violentemente calpestato i diritti di una parte dei suoi cittadini. Tutte le persone di origine ebraica, considerate inferiori dal punto di vista “biologico”, vennero infatti escluse da ogni ambito della società nazionale.
Orari mostra:
da domenica a giovedì 10.00-18.00 | venerdì 10.00-16.00
sabato e festività ebraiche chiuso
Banca di Bologna continua il suo percorso dedicato all’arte contemporanea presentando per il quarto anno consecutivo, in concomitanza con Arte Fiera, una mostra di profilo internazionale: nel 2019 il Salone della Banca presso Palazzo De’ Toschi ospita la prima personale in Italia del fotografo e videomaker belga Geert Goiris.
La mostra - composta da una selezione di stampe fotografiche di diverso formato, uno slide show e una video installazione multicanale - è presentata in un allestimento ambizioso e innovativo concepito appositamente dall’architetto Kris Kimpe, collaboratore abituale dell’artista. Il Salone è occupato da moduli espositivi esagonali, alcuni chiusi, altri aperti e accessibili, ognuno dei quali ospita sulle proprie pareti fotografie o immagini in movimento. I moduli, distribuiti in maniera irregolare, offrono allo spettatore un’esperienza immersiva, lasciandogli al tempo stesso la libertà di scegliere il proprio percorso.
La mostra bolognese è legata alla personale di Goiris presso la Royal Academy of Fine Arts di Anversa, in programma tra novembre e dicembre 2018. L’artista ha lavorato ai due progetti parallelamente, dando vita a due percorsi speculari le cui opere in gran parte coincidono - ma che risultano completamente diversi nell’allestimento, sottolineando le peculiarità dei due spazi.
Il titolo della mostra, tratto dalla videoinstallazione inclusa in essa, è Terraforming Fantasies (“Fantasie di terraformazione”). Il termine “terraformazione” si riferisce all’ipotesi di rendere simili alla Terra - e dunque abitabili per gli esseri umani – pianeti diversi dal nostro, alterandone chimicamente l’atmosfera. Si tratta di un’ipotesi che a oggi risulta fantascientifica, e la cui tacita premessa non è difficile da indovinare: una profonda inquietudine circa il futuro della Terra, su cui incombe la minaccia di una catastrofe ecologica. L’allestimento stesso della mostra è legato questo tema.
Pur senza escludere gli interni e la figura umana, la ricerca fotografica e video di Geert Goiris si concentra soprattutto sul paesaggio. Sia che catturi nelle sue immagini siti ai confini del mondo, sia che si concentri su luoghi familiari, Goiris li fa apparire sospesi ed enigmatici, come se appartenessero a un altro pianeta.
Mostra a cura di Simone Menegoi e Barbara Meneghel
Promossa da Banca di Bologna
giovedì e venerdì h 15-19; sabato e domenica h 11-18
mercoledì 30 e giovedì 31 gennaio h 10-13 e 15-17; venerdì 1 e domenica 3 febbraio h 10-20; sabato 2 febbraio h 10-24
L’intervento di Christian Fogarolli crea una connessione con le collezioni del museo, con la sua funzione, e pone degli interrogativi sulle modalità di approccio alla cura mentale attraverso i secoli fino alla contemporaneità, da vecchie credenze popolari a odierne soluzioni farmacologiche.
Per la Sala di Camilla, Fogarolli presenta l’opera Leaven (2015), una teca in vetro contenente tutti i manuali di diagnostica e statistica dei disordini mentali dal 1952 al 2015 che l’artista ha raccolto ed acquistato. Il titolo “lievitare” simboleggia l’aumento esponenziale dei disturbi psichici dichiarati.
Nella successiva Sala dei paesaggi l’artista presenta l’installazione Allégorie de la Folie (2018), un autoritratto scultoreo in vetro e quarzi naturali che reagiscono cromaticamente se esposti a specifiche frequenze luminose. L’opera è basata su antiche credenze popolari per le quali una piccola pietra, che per sconosciuti motivi compariva all’interno del cranio di alcuni individui, ne provocava la devianza comportamentale, la follia, la stranezza ed era considerata un corpo estraneo da estirpare.
Installazione site specific a cura di Lorenzo Balbi
Promossa da Istituzione Bologna Musei | MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna in collaborazione con SMA – Sistema Museale di Ateneo
martedì - venerdì h 10-16; sabato, domenica e festivi h 10-18
venerdì 1 e domenica 3 febbraio h 10-20; sabato 2 febbraio h 10-24
Apre a Bologna un nuovo spazio espositivo dedicato a mostre temporanee ed eventi all’interno dei sotterranei di Palazzo Bentivoglio, nel cuore della città e vicino alla sua celebre zona universitaria. A inaugurare lo spazio è la mostra Bologna Portraits di Jacopo Benassi, che racconta il rapporto speciale dell’artista con il contesto cittadino.
Bologna Portraits raccoglie una selezione di fotografie realizzate dall’artista durante i suoi soggiorni bolognesi negli ultimi anni. Il corpus centrale delle opere è composto da una serie di ritratti di personalità legate alla città. Artisti, scrittori, imprenditori, uomini d’affari, baristi, stilisti, musicisti, animatori culturali, perdigiorno, attori, ecc. Un centinaio di persone dalle età più varie, dai ventenni agli ultra novantenni, che fanno parte del paesaggio cittadino. Un case study che compone un mosaico in grado di darci un unico grande ritratto di Bologna oggi, fatto dei volti di alcune delle persone che la stanno animando e costruendo giorno dopo giorno.
A queste fotografie si mescolano immagini di un giardino fotografato nel buio della notte. È il giardino interno di Palazzo Bentivoglio, il luogo in cui solitamente l’artista risiede quando si trova in città e in cui ha realizzato la gran parte dei ritratti. Questi scatti notturni, mescolati ai volti, finiscono per creare una contestualizzazione spaziale che è anche metafora di stati psicologici e intimi dei soggetti ritratti.
Mostra a cura di Antonio Grulli
su appuntamento a info@palazzobentivoglio.org oppure tel. 370 1249962
martedì 29, mercoledì 30 e giovedì 31 gennaio h 11-19; venerdì 1 e domenica 3 febbraio h 10-20; sabato 2 febbraio h 10-24
In occasione di Arte Fiera, Banca di Bologna ospita per la seconda volta nella sede della sua Direzione Generale un progetto dedicato a un artista italiano. Si tratta di Matteo Fato (Pescara, 1979), che presenta nello spazio di Piazza Galvani due opere al confine tra pittura e installazione.
I lavori costituiscono un unico nucleo realizzato nel 2018 in occasione della collettiva Straperetana e acquistano un senso completamente nuovo nel momento in cui vengono ri-contestualizzati a Bologna. Si tratta di due dipinti di paesaggio di differenti dimensioni, ognuno dei quali possiede un proprio doppio concomitante (come indagine sul rimando continuo), e che costituiscono in questo contesto un’unica installazione.
Nel progetto si incontrano due tra le direttrici principali della ricerca di Matteo Fato: l’interesse per la pittura en plein air; e l’importanza del rapporto tra pittura e spazio circostante. In questo senso, la collocazione del dipinto in un contesto specifico problematizza il confine tra due e tre dimensioni, ponendo l’opera nello spazio in termini quasi scultorei.
L’allestimento in uno spazio con un’ampia vetrina che dà sulla piazza pone l’opera in una posizione quasi ‘di vedetta’, giorno e notte. Il titolo della mostra - Stare a Cavaliere durante il giorno e nella notte - allude dunque al contempo alla Piana del Cavaliere (la vallata sottostante Pereto soggetto dei due dipinti realizzati da Fato) e a questa posizione di ‘allerta’ nei confronti della realtà circostante, che diventa metafora dell’atto stesso del dipingere.
A cura di Barbara Meneghel, promossa da Banca di Bologna.
lunedì - venerdì ore 10-13 / 15-17
La mostra si offre come un percorso organico che unisce le opere di diciassette artisti italiani nati tra gli anni '60 e '80 a cui si accostano alcune opere storiche che tracciano un filo rosso lungo tutto il Novecento. Dalle grandi aspettative riposte nel progresso architettonico dal Futurismo (gli scenari industriali nei progetti di Sant'Elia) ai paesaggi anemici di Mario Schifano, dal nuovo sguardo sul territorio imposto dagli scatti di Luigi Ghirri alle possibilità distopiche e "virtuali" nei progetti di Superstudio (e dell'architettura radicale): il panorama delle ricerche sul paesaggio in Italia è ricco tanto di approdi quanto di derive.
Un precedente illustre rende Bologna la città perfetta per ospitare la mostra/progetto, nel 1981-82 infatti proprio alla GAM un comitato guidato da Tomas Maldonado organizzava una manifestazione intitolata Paesaggio: immagine e realtà il cui catalogo/libro risulta ancora oggi uno strumento importante di analisi e approfondimento.
Mostra collettiva con Andreco, Riccardo Benassi, Mauro Ceolin, Andrea Chiesi, Luca Coclite, Valentina D’Amaro, Andrea De Stefani, Martino Genchi, Luigi Ghirri, Daniel Gonzàlez, Filippo Minelli, Margherita Moscardini, Francesco Pedrini, Laura Pugno, Antonio Sant’Elia, Mario Schifano, Marco Strappato, Superstudio e Davide Tranchina.
A cura di Claudio Musso, promossa da Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.
lunedì-sabato ore 10-19
Nell’ambito di ART CITY Segnala 2019 in occasione di Arte Fiera, Palazzo Zambeccari e Piazza de’ Calderini faranno da palcoscenico a EOSECO, un’inedita e monumentale installazione site-specific dell’artista Giorgio Bevignani, un intervento urbano di grande impatto visivo grazie all’imponente allestimento di quattro opere, di cui due inedite (dal 30 gennaio al 28 febbraio).
Questa personale, a cura di Silvia Grandi, è un evento creato da Francesca Goldoni per Palazzo Zambeccari ed è organizzata dalla Galleria Stefano Forni che da vari anni segue l’artista.
Nel suggestivo cortile rinascimentale di Palazzo Zambeccari sarà allestita l’opera inedita site-specific EosEco (Nulla esiste senza ombra), che dà il titolo all’intero evento e che consiste in una grande scultura sferoidale incentrata sul tema della luce, riprendendo le fila della sperimentazione sui materiali, diventata ormai cifra stilistica di Bevignani. Utilizzando, infatti, un intreccio di fili di nylon e il silicone pigmentato con colori fosforescenti sulla gamma dei gialli cadmio, l’artista sperimenta una inusuale scultura gonfiabile, in cui la texture del rivestimento appare piena di protuberanze, di rilievi e di villi simil-organici che catturano e rifrangono la luce, mostrandosi come una grande goccia luminescente. Come afferma lo stesso artista nell’intervista fattagli dalla curatrice Silvia Grandi “la materia è ricettacolo di luce; colpita da essa rivela ai nostri recettori tutti i colori del suo complesso ventaglio plastico. Ho scelto la forma sferoidale, propria dei semi, perché più capiente con una minore superficie, come avviene per le gocce d’acqua”.
Il grande seme che accoglie i visitatori nel cortile di Palazzo Zambeccari appare però ormai libero dalla terra in cui è stato messo a germinare; è sospeso alla ricerca di quella luce del sole che lo farà crescere e come un globo di materiale organico trasmette ai visitatori anche il suo intrinseco “rumore”. L’opera in silicone e nylon, gonfiata d’aria compressa è, infatti, sospesa con un solo gancio che ruotando crea un movimento e, di conseguenza, l’aria al suo interno genera micro suoni amplificati e diffusi attraverso un sistema tridimensionale che miscela le frequenze sonore emesse dalla frizione dei diversi materiali nelle fasi della costruzione della scultura.
“Se la luce emettesse un suono, noi non saremmo dotati di sensori per captarlo” – Giorgio Bevignani.
EosEco presentandosi come una sfera luminescente, che interagisce con il pubblico e lo segue al suo passaggio, riesce a dar vita a quel binomio “Luce-Suono” altrimenti impossibile.
Piazza de’ Calderini inoltre farà da contenitore al monumentale allestimento di due lavori molto noti di Giorgio Bevignani e appartenenti a una trilogia dedicata alla Creazione: I’m ready to live – vincitore del Premio Spotlight 2015 della Royal British Society of Sculptor – dedicato agli uomini, al deserto e al mare, quindi all’idea della migrazione e della rinascita in altri luoghi, e Soul of the dawn (2016) dedicato alle donne, al cielo e alle stelle, inglobando gli spazi indefiniti delle nebulose e le gamme cromatiche dei rosa che evocano le luci e i colori dell’alba. Le due grandi reti in filato di fibra sintetica intrecciata a maglia dall’artista, scendendo parallele dall’alto, si porranno quasi come due figure totemiche, due emblemi di un fare e di un sentire che, catturando lo sguardo dei passanti, li trasporterà simbolicamente in una dimensione straniante e quasi mitica, per prepararli alle atmosfere eteree e immateriali della luce che li accoglierà all’interno di Palazzo Zambeccari.
A cura di Silvia Grandi promossa da Francesca Goldoni in collaborazione Galleria Stefano Forni
lunedì-venerdì ore 10-13 / 16-20, sabato ore 16-20
Paradisoterrestre presenta in anteprima le riedizioni in edizione limitata della seduta Sacco Alato e del trono Margarita di Roberto Matta (1911-2002), tra le opere iconiche dell’operazione Ultramobile realizzata nel 1971 da Dino Gavina per adattare in modo sorprendente all’uso quotidiano l’oggetto surrealista, facendo entrare nelle nostre case una presenza poetica.
Oltre alle nuove edizioni in tiratura limitata di Sacco Alato e Margarita sono esposti prototipi e disegni che documentano la sorprendente avventura di Matta nel mondo del design e in particolare all’interno dell’operazione artistica Ultramobile. In una parola UltraMatta.
In collaborazione con Alisée Matta
martedì-sabato ore 11-19
Caffè come luoghi ibridi tra funzione e tempo libero, consumo e produzione, sociale e personale. Il progetto è un tentativo di portare collegamenti tra la funzione dei bar e lo spazio della galleria, nonché il modo attraverso l'uso di scelte estetiche che influenzano il nostro comportamento al loro interno.
L’artista analizza l'influenza della cultura europea dei caffè nello sviluppo delle città, nelle relazioni sociali e nelle interazioni e nello stile di vita contemporaneo. L'European Café era originariamente un hub sociale, un luogo per artisti e intellettuali dove riunirsi, diventando con il passare del tempo e in base al contesto un simbolo di status, cultura hipster o tradizione. Caffè come luoghi ibridi tra dovere e piacere, consumo e produzione, socialità e intimità. Il progetto è un tentativo di costruire collegamenti tra la funzione del caffé e lo spazio espositivo comprendendo come alcune scelte estetiche possano influenzare il nostro comportamento al loro interno.
Débora Delmar (1986, Mexico City) vive e lavora a Londra dove sta completando il programma post-laurea (MFA) della Royal Academy of Arts, dopo aver frequentato la School of Visual Arts di New York. Il suo lavoro è incentrato sull’esplorazione della cultura del consumo globale del 21esimo secolo, sull’impatto di quest’ultima nella vita quotidiana e sulle aspirazioni estetiche che ne conseguono. L’indagine dell’artista si sviluppa sulle dinamiche e le relazioni, talvolta anche legate alla classe sociale, che si instaurano tra produttore e consumatore, costruendo una rete produttiva che, dal locale al globale, delinea ideologie e permette la circolazione di immagini che diventano punti di riferimento amplificati, specchi falsanti. Delmar utilizza frequentemente installazioni multi-sensoriali e multimediali che coinvolgono scultura, video, fotografia, suono, profumo ed interventi online. Per la sua ricerca, l’artista ha adottato spesso canoni dell’estetica aziendale o strategie di marketing, ricontestualizzandoli, che l’hanno portata a fondare la Debora Delmar Corp. a New York City nel 2011.
Il MAMbo presenta la prima personale in un’istituzione museale italiana di Mika Rottenberg, a cura di Lorenzo Balbi.
L’artista di origine argentina, cresciuta in Israele e oggi di base a New York, tra le principali protagoniste della scena contemporanea mondiale, si appropria degli imponenti volumi della Sala delle Ciminiere per animare, attraverso un percorso labirintico senza soluzione di continuità, dieci delle sue più recenti produzioni – oggetti scultorei e installazioni video appositamente costruite - celebri per il loro registro narrativo sarcastico e bizzarro.
Rottenberg utilizza i diversi linguaggi del film, dell'installazione architettonica e della scultura per esplorare le idee di classe, lavoro, genere e valore attraverso immaginifici dispositivi visivi che illuminano le connessioni e i processi nascosti dietro economie globali apparentemente non correlate fra loro.
In occasione della mostra vengono esposti tre nuovi lavori appositamente commissionati da MAMbo in collaborazione con due importanti istituzioni museali europee, Goldsmiths Centre for Contemporary Art London e Kunsthaus Bregenz.
Mostra a cura di Lorenzo Balbi
Promossa da Istituzione Bologna Musei | MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna
Sabato 2 febbraio h 11 Germano Celant in conversazione con Mika Rottenberg.
domenica 10 febbraio h 16
martedì, mercoledì, venerdì, sabato, domenica e festivi h 10-18.30; giovedì h 10-22
giovedì 31 gennaio h 10-22; venerdì 1 e domenica 3 febbraio h 10-20; sabato 2 febbraio h 10-24
CAR DRDE presenta la personale di David Casini, seconda mostra dell’artista presso gli spazi della galleria. Il progetto di Casini prevede una nuova serie di opere sempre in linea con la sua personale idea di scultura, sperimentata e consolidata dall’artista negli anni, coniugando tradizione e innovazione mediante assemblaggi di delicati elementi prelevati dalla realtà, trasformati e inseriti in una nuova visione in bilico tra passato, presente e futuro.
L’artista sviluppa un lavoro in ambito scultoreo tramite una ricerca del tutto singolare sull'astrazione. Attraverso il suo personale vocabolario artistico costituito da geometrie complesse e calibrati cromatismi, unito alla sperimentazione di linguaggi differenti e alla continua ricerca di nuovi materiali, cerca costantemente l'attivazione di sinergie tra elementi organici, inorganici e artificiali. Le opere risultano cariche di una energia del tutto nuova, capace di far coesistere differenti e contrastanti elementi, tra realtà organica e finzione.
martedì-sabato ore 15-19.30
La pubblicazione in due volumi del Catalogo ragionato dei dipinti di Sergio Romiti, a cura di Guido Salvatori, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, riaccende l’attenzione sull’artista tragicamente scomparso nel 2000 e sulla donazione delle sue opere, risalente al 2006, da parte della moglie Giovanna Grassi Romiti.
Di qui l’occasione per riproporre l’esposizione di oltre cinquanta opere, tra dipinti e disegni: dalle nature morte alle “composizioni” ai numerosi autoritratti alle riconoscibili striature; esempi di una ricerca che muove da forme picassiane ed evolve nell’osservazione critica della lezione di Morandi con accostamenti all’informale, in una cifra peculiare di sostanziale autonomia rispetto alle correnti artistiche del tempo.
A cura di Angelo Mazza
Promosso da Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna in collaborazione con Genus Bononiae. Musei nella Città
martedì - venerdì ore 15-18; sabato, domenica e festivi ore 10-18
La mostra presenta tutto il corpus delle donazioni che tra il 2016 ed il 2018 hanno visto un rinnovato interesse, da parte di numerosissimi artisti, nei confronti dell'Assemblea legislativa e della sua attività promozionale e di valorizzazione dell'arte del proprio territorio. Una Collezione capace di ripercorre la storia dell'arte territoriale dagli anni Settanta ad oggi, una mostra ricca di stimoli per un approfondimento sui linguaggi e le ricerche che hanno attraversato gli ultimi quarant'anni d'arte in Regione. Una Collezione ancora in via di completamento che in questa esposizione vede, accanto al patrimonio consolidato, l'ingresso nella sede del Parlamento regionale di venti nuove opere.
A cura di Sandro Malossini, Gloria Evangelisti, Luca Molinari in collaborazione con Felsina factory
lunedì-venerdì ore 9-18, aperture straordinarie per visite guidate su richiesta
Per la terza esposizione di arte contemporanea all’interno della Casa della Cultura, il team curatoriale di Adiacenze prosegue sulla linea della relazione tra gli artisti, lo spazio in cui saranno allestite le opere e la sua giovane storia. In questo caso i PetriPaselli, duo bolognese ed Emilia Maria Chiara Petri, pittrice sempre di Bologna, presentano un dialogo che va a scandagliare l’idea di percezione, spazio e ricordo, unendo il proprio fare artistico nella creazione di una unica installazione ambientale visibile a tutto tondo.
In linea con quello che rappresenta il luogo ospitante, l’opera dei tre artisti parla di “spazio” inteso nelle sue diverse modalità di spazio fisico o mentale, piuttosto che di universo intergalattico nel quale si trovano i corpi celesti.
CON TE OVUNQUE rappresenta una installazione ambientale rappresentante un oggetto che si trova nella memoria di ciascuno di noi: una boule de neige ad altezza uomo nella quale lo spettatore potrà immergersi tornando nella dimensione del bambino che è stato, piuttosto che trasferirsi con l’immaginazione in un mondo differente interagendo con l’opera e scoprendosi e vedendosi all’interno di una nuova avventura.
Visibile da punti di vista differenti, lo spettatore sarà immerso nei due pensieri artistici che, sebbene possano avere un aspetto antitetico, non sono portati allo scontro, ma a un potenziamento di significato aumentato dalle due visioni differenti e da una prospettiva comune: una più giocosa e l’altra più intimista, una più aperta all’immaginario comune, l’altra da ricercare nel vero senso della parola per poter comporre un pensiero realista e realistico fino a quella che riporta il tutto sotto la stessa e unica illusione che ci ricorda che facciamo tutti parte di uno stesso avventuroso viaggio.
A cura di Amerigo Mariotti e Daniela Tozzi
lunedì, giovedì e sabato ore 10-20, martedì, mercoledì e venerdì ore 15-20
Esiste un legame indissolubile tra Bologna e le sue torri, elementi di raccordo tra passato, presente e futuro che racchiudono e raccontano la storia della città, diventandone simbolo e rappresentazione. Oltre alle torri medievali, un altro gigante si staglia nello skyline cittadino, svettando tra Porta San Donato e Porta Mascarella: il Gasometro Man n. 3, struttura alta circa 50 m con un diametro di 27 m, costruita nel 1927 e utilizzata fino al 1984 per stoccare il gas usato in città.
Carlo Valsecchi lo ha fotografato con lo sguardo di chi considera gli edifici cosa viva: non fantasmi o testimonianze archeologiche inerti di un passato industriale, ma organismi in continua trasformazione. Le 16 immagini fotografiche esposte alla Pinacoteca raccontano alcune fasi del recente processo di restauro e bonifica del Gasometro descrivendolo come fosse un corpo in piena metamorfosi, portando alla nostra attenzione con occhi nuovi ciò che già pensiamo di conoscere ma su cui non ci siamo mai realmente soffermati.
Progetto e mostra promossi da Hera S.p.A in collaborazione con Polo Museale dell’Emilia Romagna – Pinacoteca Nazionale di Bologna
martedì – domenica h 10-19
venerdì 1 e domenica 3 febbraio h 10-19; sabato 2 febbraio h 10-23
Nell’ottica di proseguire nel tracciato virtuoso segnato da das - dialoghi artistici sperimentali, CUBO presenta per il 2019 il progetto Fantomologia, a cura di Marco Mancuso, Daniela Tozzi e Ilaria Bignotti. Gli spazi di CUBO saranno trasformati in un universo in costante mutamento, un luogo che sia al contempo contenitore dell’opera e parte attiva dell’opera stessa, in cui il pubblico viene chiamato a riflettere sulla potenza dei cambiamenti tecnologici e l’impatto che questi hanno sulla vita di ogni giorno dal punto di vista sociale, architettonico e delle comunicazioni; al contempo indaga anche la potenza espressiva della natura e la sua spontanea capacità di composizione formale, estetica e percettiva.
Fantomologia è il lemma coniato dallo scrittore e futurologo polacco Stanislaw Lem nel suo Summa Technologiae del 1964. L’intera rassegna vuole osservare l’ambiente secondo 4 punti di vista diversi:
Gli artisti chiamati a interpretare questi 4 concetti sono il media artist Stanza, il duo di science artist Evelina Domnitch e Dmitry Gelfand in dialogo con Ugo La Pietra, storico protagonista dei linguaggi radicali, della cultura architettonica, urbana e del design italiani. Le immersioni e Il Commutatore di Ugo La Pietra dialogano puntualmente con l’ambiente tecnologico di The Nemesis Machine di Stanza e con quello subatomico Force Field del duo formato da Evelina Domnitch e Dmitry Gelfand, offrendo una proposta ante-litteram, pionieristica e calzante delle tematiche affrontate dagli artisti e dai performer contemporanei: immersione / interattività, isolamento digitale / esperienza condivisa, messa in rete del potenziale esperito / relazione e osmosi tra fisica e tecnologia, ritorno all’uomo nel superamento dei suoi confini biologici, in direzione di una compenetrazione tra energia, specie, emozione, spazio.
Mostra collettiva a cura di Marco Mancuso, Daniele Tozzi e Ilaria Bignotti in collaborazione con l’Archivio Ugo La Pietra
lunedì ore 14-19, martedì ore 9.30-23.30, mercoledì-venerdì ore 9.30-20 e sabato ore 14.30-20
L'esposizione presenta una selezione di pastelli su carta dell'artista Flavio De Marco (Casarano, 1890 - Napoli, 1934). La mostra sarà accompagnata da una pubblicazione con testi di Flavio de Marco (Lecce, 1975) e Sandro Sproccati (Ferrara, 1954), con l'intento di tracciare un breve profilo di questo artista per la prima volta esposto a Bologna.
A cura di Ginevra Grigolo
lunedì, martedì, mercoledì e venerdì ore 9.30-13 / 16-18
I corpi segnano i primi confini: per poterci incontrare dobbiamo valicare i limiti che ci impongono.
Il perimetro disegnato dal non udire e dal non vedere non si intersecano. Perché si incontrino hanno bisogno di un linguaggio nuovo, non funzionale ma intenzionale. Occorre esplorare il suono attraverso i linguaggi artistici e farlo incontrare con l’assenza di immagini di chi non vede. Si esplora la tensione nei limiti del corpo e dei confini dello spazio e del tempo. Il suono è un “fantasma”, di fronte all’assenza di visione tutto diventa apparizione.
L’installazione di Jascha Blume è il resoconto di un dialogo possibile tra chi vede ma non sente e chi sente ma non vede.
“Per tutta la vita il mondo dei non vedenti è stato il luogo in cui mi sono sentito meno a mio agio. Come posso far loro sapere che sono presente? Signo ergo sum, non attraverso la mia lingua, ma attraverso le mie mani, un gesto presente, l’unica via palesare il mio essere lì” (J. Blume)
A cura di Lucilla Boschi e Fabio Fornasari promosso da Museo Tolomeo – Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza
ore 11-16
Nel 1985 la femminista Donna Haraway introduce il concetto di cyborg: un incrocio tra essere umano, animale e macchina. Nel suo Manifesto Cyborg, Haraway invita a rivedere i modelli sociali e a spostarsi verso una civiltà senza genere, il quale potrebbe non essere poi così importante per la nostra identità. In questo mondo utopico ci si raggrupperebbe non per caratteristiche tassonomiche ma per affinità di spirito.
A 30 anni dalla pubblicazione del volume, l’arte prodotta da donne subisce ancora un processo di ingabbiamento volto a spostare l’attenzione dall’opera singola alla categoria d’appartenenza.
Performer e videoartista, Francesca Fini propone un’attenta e ponderata analisi crossmediale delle tematiche di ibridazione bio-tecnologica. Dal femminile alla fluidità del Cyborg, i “video Guerrilla” dell’artista attualizzano le riflessioni della Haraway attribuendogli nuovo valore e complessità. Il corpo diventa enzima che catalizza i processi di definizione delle nuove pratiche corporee.
A cura di Yelena De Luca-Mitrjushkina e Roberto Malaspina
su appuntamento
Installazione unica di una fotografia intagliata a grandezza naturale che rappresenta l’artista Orlan nel drappeggio barocco. La fotografia viene estratta dalla sua performance storica realizzata negli anni Settanta a Palazzo Grassi di Venezia “La Drapé - La Baroque”.
L’opera fa anche parte dell’installazione “la Baiser de l’Artiste” (“il Bacio dell’Artista”) esposta nella collezione del Centre Pompidou di Parigi. Nella Cappella Santa Maria dei Carcerati, Orlan, che è a sua volta uno pseudonimo che si è perfettamente amalgamato con la sua persona, affronta Sainte Orlan, il suo alter ego provocatorio che richiama l’Estasi di Santa Maria Teresa di Bernini, un’opera paradigmatica della Roma barocca post tridentina. L’artista pone l’enfasi sulla combinazione tra tensione spiritual, potere emotivo e sensualità, imbarcandosi in un lungo viaggio artistico-esistenziale per reinterpretare l’iconografia religiosa occidentale.
A cura di THE SLOUGHIS – Marie Munhoven & Steven Riff promosso da Alliance Française di Bologna in collaborazione con Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna e Renato Barilli
Persona è la possibilità fortuita di un incontro.
Tra individuo e individuo, tra realtà interiore ed esteriore, che coincidono e si riflettono l’una nell’altra.
Per circa sette anni, Nika Petkovic (Rijeka, 1992) è regista di piccole performance effimere, interpretate dalla sua coinquilina, con la quale condivide, oltre alla quotidianità, una sorprendente somiglianza fisica.
La traccia fotografica di queste operazioni confluisce in un libro d’artista e costituisce il corpo della mostra, funzionando contemporaneamente come una scenografia: in occasione di ART CITY Bologna Nika abita lo spazio di Nelumbo, arredato provvisoriamente come una casa in affitto e mette in scena una nuova serie di performance il cui soggetto non è più l’altro ma se stessa, e in cui i visitatori potranno prendere parte all’interazione fra l’artista e la macchina fotografica.
Nelumbo Open Project è un cantiere culturale, in crescita e in divenire, che accoglie progetti e idee. Nelumbo è un team di artisti e curatori che portano avanti un progetto partecipato e condiviso.
A cura di Julia Tikhomirova e Zoe Paterniani in collaborazione con Teodoro Bonci Del Bene
Le opere prodotte durante la performance saranno visibili fino al 1 marzo 2019 mercoledì e sabato ore 15-19
Grenci e Blanco affermano che la funzione del museo è quella di interpolare il tempo, essere in grado di trasformarlo e di metterlo in relazione con gli altri tempi. Il Museo Davia Bargellini mette in mostra diversi oggetti creando una storia unica.
La volontà di rappresentazione che i due artisti perseguono nelle sale è quella di tracciare segni, suggerire percorsi. Nel lirismo degli oggetti non si celebra solo l'estetizzazione delle cose, il loro oblio, ma un’energia sorgiva. I due artisti vanno in cerca di altre prospettive per osservare questo patrimonio visivo.
Il risultato è una galleria fotografica, installativa e pittorica che rivela elementi, ne amplifica i bagliori e li rende indipendenti. L'intento è quello di cercare riferimenti all'interno delle immagini, creando uno spettacolo nello spettacolo. Vi è una complicità, suggerita implicitamente dal museo stesso, ovvero la capacità di diventare collezionisti visivi ed autori di collegamenti, di forzature stridenti e mai scontate.
A cura di Massimo Pulini, in collaborazione con Nuova Galleria Morone.
martedì-venerdì ore 9-13; sabato, domenica e festivi ore 10-18.30
Il tempo è l'elemento su cui riflette la mostra dell'artista e attivista Guido Segni. Un momento espositivo che racconta la sua visione del tempo, la sua percezione, il modo in cui lo usiamo o potremmo usarlo in un’epoca di forte accelerazione tecnologica, crescente dipendenza dalle macchine e ossessione per il lavoro.
Analizzando il modo in cui sta cambiando la percezione collettiva del concetto di "automazione", Guido Segni si domanda: perché perdere tempo lavorando? Non sarebbe più proficuo se un artista impiegasse quel tempo in altro modo, mentre è una macchina a lavorare per lui? Possiamo misurare il tempo non-lavorativo, che per molti sarebbe tempo perso? Al contempo, una macchina, quanto e come può imparare a fare qualcosa secondo processi di machine learning?
Fino alla Fine è una mostra che induce a riflettere sul rapporto tra arte, lavoro, auto sostentamento e pigrizia e mette in crisi, in ultima analisi, i sistemi di produzione dell'arte indagando lo sviluppo del gesto algoritmico nel tempo e l'importanza di ciò che lascia. La sua traccia.
A cura di Alessandra Ioalè e Marco Mancuso
mercoledì-sabato ore 11-13 / 16-20, lunedì e martedì su appuntamento
Come scrive il curatore si tratta di un’esposizione di cinque autori messi insieme in quanto hanno tutti studiato Architettura al Politecnico della metropoli Milano, ma con l’intento di non votarsi puramente, o per nulla all’architettura. Per varie ragioni alcuni di loro non hanno mai fatto apparentemente l’architetto (Basilico, Garutti), mentre altri (La Pietra, Levi, Mendini), sì, ma in maniera eterodossa tant’è che di loro non si può dire che siano semplicemente architetti, ma, come Garutti e Basilico, più ampiamente e/o polivalentemente artisti ed è in tale veste che sono chiamati ad esporre in questa mostra polimorfa. Per questo l’esposizione si caratterizza anche come una riflessione sullo statuto delle Arti che molto spesso in Italia, soprattutto in passato, era polimorfa, non vivendo la divisione alla quale ci ha abituato la specializzazione contemporanea.
A cura di Giacinto Di Pietrantonio
lunedì-venerdì ore 9-13 / 15 -19, sabato e domenica su appuntamento
Questa mostra-evento di Giovanna Caimmi, curata dal critico d’arte e giornalista Alice Rubbini, è un progetto firmato dai fondatori dello spazio b5, l’architetto Lorena Zuniga, il fotografo Michele Levis e il designer Romano Venturi.
Heaven, il paradiso svelato dal titolo, si definisce nelle grandi opere dipinte che conquistano lo spazio della galleria, sfumate nelle tonalità dei grigi e accese da bianchi luminosi, ed emerge nei dettagli dei disegni, intensi e gremiti di informazioni. Così come nelle sculture dal colori decisi, che mescolano la forma alla materia e la diversità delle superfici allo spazio.
Un’installazione complessa, che possiamo definire come suggestione di un paradiso immaginifico, fatto di memorie, richiami letterari, poetiche speranze.
A cura di Alice Rubbini promosso da Spazio b5 srl in collaborazione con AARTIC e Atanor Officina Degli Elementi
ore 9.30-13 / 15.30-19.30
A cura di Gabriele Salvaterra.
martedì-sabato ore 15.30-19.30, lunedì e festivi su appuntamento
Mostra collettiva di Adrian Buschmann, George Rouy, Peter Shear, Sofia Silva e Tamina Amadyar
Cinque artisti, diversi processi pittorici, diverse geografie e storie, diverse battaglie con la forma.
La mostra Adrian, George, Peter, Sofia e Tamina esalta la diversità all’interno di un'unica disciplina, contrastando l’idea di network e di connessione necessaria.
Le opere dei cinque artisti non saranno connesse le une alle altre da quelle sovrastrutture spesso imposte nelle mostre collettive. Si riuniranno cinque intimità, cinque personalità, e le si esporrà nella maniera più schietta possibile in una mostra che sin dal titolo è denotata unicamente dal nome proprio dell’artista.
Lo spazio di P420 conterrà in un sol colpo innumerevoli battaglie pittoriche: il rapporto colore-spazio, gli spazi neutri della tela, la gestualità e la sua assenza, l’interazione tra corpi, il contrasto tonale, il languore del pigmento, gli angoli della tela, il gioco, il flirt tra astrazione e figurazione, il nonsense, il tradimento dell’immagine.
martedì-sabato ore 10.30-13.30 / 15-19.30
La spettacolarizzazione del naturale è oggi un fertile terreno di mistificazione caricaturale a fini sensazionalistici da parte dell'informazione. Ricalcando il neologismo meteo-bellico «bomba d'acqua» i simboli della meteorologia si fanno qui oggetti fisici e piovono ironicamente dal cielo come meteoriti che impattano sul reale; oggetti usciti dai film hollywoodiani, essi divengono soggetto della spettacolarizzazione apocalittica del naturale in una serie di serigrafie sulla fine del mondo.
Congegni semiotici capaci di tradurre la complessità del reale nel ritmo lento della sensibilità, i disegni di Nicola Toffolini portano la pratica disegnativa a dialogare con lo spazio e con il tempo, come fermo-immagini di processi colti nel loro farsi.
La sua pratica disegnativa ha così la capacità di portarci avanti e indietro nel tempo, tra visioni di un futuro prossimo e la bellezza immortale delle incisioni del Rinascimento, riuscendo a conferire poeticità e visionarietà alla freddezza del disegno scientifico.
lunedì-sabato ore 10-13 / 14-19.30
Il Museo Ebraico di Bologna apre le porte all’arte contemporanea accogliendo all’interno della Sala del Memoriale, dedicata alla Shoah, l’opera di Pietro D'Angelo, “Osservatrice di nuvole” (2013).
La sagoma di una bambina, realizzata con graffette di acciaio inox, stesa sulla schiena accanto all’elenco dei nomi degli ebrei emiliano romagnoli deportati nei campi di sterminio e mai più ritornati, osserva le nuvole.
Con questo progetto, e con quest'opera in particolare, l'artista invita tutti ad una riflessione più attenta sul tema dell'infanzia all'interno dei campi di sterminio, dove non è dato fare alcunché se non guardare il cielo, le nuvole.
Il bambino è un essere umano in fieri, tutto è ancora possibile e le sue azioni sono sperimentazioni in cui si esercita a essere l'adulto di domani. Azioni negate all'interno dei campi.
Il solo fatto di esistere implica un'infanzia, una fase indelebile comune a tutti: ma il corpo della bambina è vuoto come la crisalide di una farfalla. Avrà preso il volo una donna dal corpo di quella bambina? E che donna sarà stata, dopo aver incubato la sua vita adulta in un campo di sterminio?
Mostra a cura di Vincenza Maugeri in collaborazione con Ermanno Tedeschi.
domenica-giovedì ore 10-18, venerdì ore 10-16
Le opere dell’artista svedese nascono da una lenta e progressiva stesura di materiali stratificati l’uno sull’altro, come nelle icone antiche. La loro creazione è assimilabile a un vero e proprio cammino che segna non soltanto un percorso temporale dei gesti, ma un viaggio dell’anima. E la visione si fa esperienza meditativa.
Mostra a cura di Andrea Dall’Asta SJ e Elena Dal Molin.
giovedì e venerdì ore 10-13, sabato e domenica ore 11-18.30
venerdì 1 febbraio ore 10-13, sabato 2 febbraio ore 11-23.30 e domenica 3 febbraio ore 11-18.30
Thomas Struth è divenuto celebre in tutto il mondo grazie alle sue fotografie di vedute urbane, ai ritratti individuali e di famiglia, alle immagini di grande formato scattate nei musei e alle fotografie della serie Paradise. Negli ultimi anni ha affrontato e illustrato un tema nuovo: la scienza e la tecnologia.
Molte delle sue fotografie a soggetto scientifico e tecnologico, spesso di grande formato e composte con minuziosa precisione, sembrano a prima vista ritrarre una gran confusione di oggetti, un caos. In Measuring, Stellarator Wendelstein, Tokamak Asdex Upgrade, Laser Lab o Grazing Incidence Spectrometer, per esempio, lo sguardo si perde in un groviglio di cavi, sbarre, giunzioni, coperture metalliche, rivestimenti plastici e dispenser di nastro adesivo. Con queste immagini, Thomas Struth si muove in mondi il cui accesso ci è solitamente precluso e ci mostra una serie di sperimentazioni scientifiche e ipertecnologiche, di nuovi sviluppi, ricerche, misurazioni e interventi che in un momento imprecisato, nel presente o nel futuro, in modo diretto oppure mediato, faranno irruzione nella nostra vita e ne muteranno il corso.
Mostra a cura di Urs Stahel
martedì – domenica h 10-19
sabato 2 febbraio h 10-24; domenica 3 febbraio h 10-20
La Casetta dell’Artista ripropone a Bologna le opere originali di Francesca Zoboli della mostra “I fiori blu” curata precedentemente da Giulia Marinoni Marabelli presso la galleria Formaprima a Pavia. Un progetto artistico nato grazie a una collaborazione con la casa editrice La Grande Illusion che si completa con l’ideazione e la pubblicazione dell’omonimo libro, che riporta le immagini delle opere di Francesca Zoboli insieme a un racconto di Giovanna Zoboli, sorella dell’artista, scrittrice ed editrice dei Topipittori.
In un’intervista a cura di Giulia Marinoni Marabelli, Francesca racconta: “Ci lega la passione comune per i fiori e il giardinaggio, che in parte mi ha trasmesso proprio Giovanna”. Il libro narra una sorta di viaggio nelle geografie della pianta dell’Iris, raccontata con forme, colori ed espedienti grafici nel suo sviluppo di fiore, foglia e radice. Naturalmente portata a sviluppare composizioni astratte, per questo progetto l’artista sperimenta un linguaggio maggiormente figurativo.
Francesca parte dalla realtà, dall’osservazione del fiore e, passando attraverso lo studio di tavole botaniche, recupera una dimensione di rigore scientifico e lo interpreta volgendo le ombre dell’Iris verso esiti che si avvicinano all’astrazione.
L’artista ama la carta e l’acqua, e conduce una sensibile ricerca sul colore e sulle sue variazioni.
A cura di Giulia Sollai.
solo su appuntamento lacasettadellartista@gmail.com
MONO è una serie di cinque momenti espositivi in ognuno dei quali è presentata una sola opera. Il progetto è molto semplice: produrre e mostrare una nuova opera d’arte cercando di evitare, per quanto possibile, un approccio narrativo alla stessa. L’intento di MONO è infatti ritagliarsi la possibilità di studiare un’opera neonata senza considerare le informazioni e le nozioni derivanti dalla conoscenza dell’artista o dal contesto curatoriale e espositivo. MONO può infatti essere considerato come un esercizio critico, l’oportunità di incontrare un oggetto artistico prima che questo cada nel sistema di conoscenza e rappresentazione dell’arte contemporanea. Per ogni opera di MONO è rilasciata una piccola pubblicazione e, dopo un primo periodo di mostra, un critico è invitato a condividere la sua visione sull’opera durante un’aperitivo al bar di fianco allo spazio espositivo.
Per ART CITY Bologna, MONO propone l'opera Senza Titolo, 2018. Sapone di marsiglia inciso da lama scaldata a fiamma ossidrica, 42 x 38 x 20 cm cad. di Giovanni Kronenberg.
A cura di Fabio Farnè e Gabriele Tosi.
sempre visibile dall’esterno e su appuntamento
In occasione di ArteFiera e della White Night di ArtCity, ecco il nostro omaggio a un illustratore contemporaneo: Camilla Falsini, street artist ma non solo, nota per i moduli geometrici e colorati con cui costruisce architetture, ma anche figure umane e animali. Protagonista della scena artistica attuale come interprete di muri e grandi superfici, ma anche come illustratrice di libri per bambini, autrice e designer, Camilla ci è sembrata la migliore proposta per l'evento di quest'anno.
Guarderemo il suo lavoro da vicino, in un'esposizione/gioco in cui moduli e forme sono tasselli per costruire figure equiprobabili e poliformi.
www.camillafalsini.it
Orari: lunedì > domenica h 10 - 18
Eredi della cultura cavalleresca medioevale, giochi e i tornei conobbero una grande diffusione nelle corti italiane rinascimentali, inclusa la città di Bologna che, pur non essendo sede di principato, era la seconda città della Stato della Chiesa. Di quel meraviglioso mondo, spesso fantasmagorico in epoca barocca, ci sono rimasti molti documenti e testimonianze scritte ma poche visive che ci possano fare toccare con mano quell'universo fatto di apparati effimeri, costumi, scenografie, musiche, effetti speciali e a cui partecipavano, per diletto degli invitati, i principali Cavalieri delle famiglie nobili della città.
La Pinacoteca Nazionale di Bologna ha la fortuna di conservare una raccolta di ben 114 disegni per cimieri piumati e barde da cavallo riconducibili a quelle occorrenze, un variegato e colorato repertorio correlato ai giochi-rappresentazioni che si svolgevano in città. Tra questi spiccano le giostre del febbraio e del marzo 1628, la cui memoria è stata assegnata alla pubblicazione di due volumetti, la Montagna fulminata e l'Amore prigioniero in Delo, quest'ultimo illustrato con incisioni di Giovanni Battista Coriolano.
A corredo di questo repertorio di disegni e di stampe vengono esposti in mostra due elmi e un busto del Museo Nazionale di Ravenna, oltre a due grandi tele provenienti dal Conservatorio del Baraccano raffiguranti la Giostra di barriera a piedi e la Giostra di campo aperto a cavallo riferite al pittore, allievo dei Carracci, Francesco Brizio.
Nell’ambito della rassegna Ospiti Inattesi, i Musei Civici d’Arte Antica, in collaborazione con il Museo di Belle Arti di Gand, espongono presso il Museo Davia Bargellini un dipinto, il Ritratto di Signora in abito bianco e orecchini di perle di William Hogarth (1697-1764).
Per la prima volta in assoluto, Bologna ospita un’opera del celebre artista inglese.
Conosciuto e ammirato per la sua pittura dal realismo narrativo, dai contenuti moralizzanti e satirici, William Hogarth assurse al rango di pittore della Corte inglese solo negli ultimi anni della sua vita. Tradotti a stampa in copiose tirature, i suoi dipinti criticano eventi politici, descrivono e denunciano abitudini sociali e vizi della società inglese del tempo.
Sino a circa la metà del XIX secolo, una sorta di Hogarthomania contrassegnò il grande successo riscosso dall’opera del pittore, per molti versi rivoluzionaria. Rinomato ritrattista, Hogarth si dedicò inizialmente a un pubblico prevalentemente aristocratico, ma dal 1740 circa estendeva il suo interesse verso una clientela appartenente all’emergente ricca borghesia commerciale, per la quale forgiava un nuovo lessico della ritrattistica inglese dell’epoca.
Nella tela qui presentata, realizzata attorno al 1740, Hogarth raffigura la donna in un paesaggio architettonico caratterizzato da un’elegante balaustra classicheggiante. La posa e la resa fisionomica, più intime e naturali rispetto ai ritratti d’apparato dell’aristocrazia del tempo, alludono alla condizione semplice e nel contempo di affluente benessere della giovane signora borghese, abbigliata d’un lussuoso vestito di seta bianca con riflessi argentei. Nell’esecuzione, il tocco delicato e spontaneo, ricco di materia, è caratteristico della sua produzione.
domenica 10 febbraio h 16.30, venerdì 22 febbraio h 17, venerdì 8 marzo h 17, domenica 31 marzo h 16.30, venerdì 12 aprile h 17, sabato 20 aprile h 17
Il nuovo film di Clint Eastwood è l'incredibile storia vera di un ottuagenario americano che diventò un improbabile ma a lungo efficiente drug mule, o corriere della droga, al servizio d'un cartello messicano. Basato su un reportage apparso sul "New York Times", il film intreccia molti dei temi che Eastwood ha sviluppato nel corso d'una leggendaria carriera: il rimpianto, il perdono, l'inevitabile approssimarsi della morte. Diretto con eleganza ed efficacia e dominato dalla performance dell'attore-autore, ancora e sempre capace di comunicare la profondità del sentimento e del dolore con una fessura dello sguardo. (prcis)
Dal 16 febbraio, Palazzo dei Diamanti a Ferrara apre le sue porte a Giovanni Boldini, il pittore ferrarese che ha dato vita ad una formula ritrattistica chic e “alla moda” con la quale ha immortalato i protagonisti e le celebrities di un’epoca mitica.
La mostra indaga, per la prima volta, il lungo e fecondo rapporto tra Boldini e il sistema dell’alta moda parigina e il riverbero che questo ebbe sulla sua opera di ritrattista oltre che su quella di pittori come Degas, Sargent, Whistler e Paul Helleu.
Ordinata in sezioni tematiche, ciascuna patrocinata da letterati che hanno cantato la grandezza della moda come forma d’arte, da Baudelaire a Wilde, da Proust a D’Annunzio, la rassegna propone un percorso avvincente tra dipinti, meravigliosi abiti d’epoca e preziosi oggetti dalla valenza iconica che racconteranno i rapporti tra arte, moda e letteratura nella Belle Époque e immergeranno il visitatore nelle atmosfere raffinate e luccicanti della metropoli francese, in tutto il suo elegante edonismo.
Mostra a cura di Barbara Guidi con la collaborazione di Virginia Hill. Organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara.
Orari:
aperto tutti i giorni 9.00 – 19.00
Aperto anche Pasqua, Lunedì dell’Angelo, 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno
(la biglietteria chiude 30 minuti prima)
Aperture serali straordinarie:
8 marzo, 21 aprile, 31 maggio, 1 e 2 giugno fino alle 22.30
18 maggio fino a mezzanotte
(la biglietteria chiude 30 minuti prima)
Biglietto ridotto con Card Musei Metropolitani
TYPELINE è una sequenza di 8 video, risultato della selezione dei progetti raccolti attraverso la call internazionale rivolta ad artisti e designer.
L'installazione video è dedicata alla tipografia dinamica che fa del movimento e del tempo i suoi assi portanti. Lettere come materia fluida, mutevole e malleabile per trascendere la funzione e dare vita ad operazioni complesse in diverse direzioni, dal gioco alla tecnologia, dall’astrazione all’espressione di un tema politico. L'insieme dei progetti dimostra come la materia quotidiana delle lettere, quasi banale e data per scontata, produca un'ampia varietà di atti, operazioni e mondi, che oscillano tra arte e design.
Dalla fusione tra gesto e segno (Yuri Tartari Pucci) alla tecnologia interattiva che, anche in modo ludico, dà vita a nuove interazioni tra macchina e significato (Gianluca Alla, Ivan Miranda e Schultzschultz). Le lettere di Doretta Rinaldi creano un ambiente sinestetico e quelle di Victoria Hanna si fanno corpo, materia e ritmo. Nelle opere minimali di Matteo Moretti e Caroline Sinders è radicata una profonda riflessione politica che si realizza con modalità simmetriche e opposte. Mentre Sinders sceglie come unico elemento il testo per una lettura statica e silenziosa, azzerando il movimento e trasferendolo nella persona che guarda, Moretti in un solo attimo mette in relazione suono, segni, movimento e contenuto portando lo spettatore a riflettere su un tema complesso.
TYPELINE è un progetto di Griffo-la grande festa delle lettere, a cura di Roberto Paci Dalò e Dina&Solomon.
Produzione Dina&Solomon, Giardini Pensili. In collaborazione con MAMbo e Unirsm Design - Università degli Studi della Repubblica di San Marino.
Sono fuggiti nel cuore della notte, con i propri beni rinchiusi in sacchi neri di plastica. Si sono nascosti in camion o stipati in barche e sono scappati, fuggiti via correndo, superando checkpoint e barricate, guadando fiumi e barcollando sulle sommità delle colline.
Hanno lasciato le loro case in cerca di sicurezza – Bosnia, Somalia, Albania, Iraq, Croazia, Libia, Cecenia, Kosovo, Siria e non solo. Genitori, fratelli, mogli sono rimasti indietro, in attesa. Molti non ce l’hanno mai fatta. Molti di più resteranno per sempre allo stato di rifugiati.
Per quasi tre decenni, il fotografo della Reuters, Yannis Behrakis, è stato testimone del movimento di massa di queste persone: gli oppressi e i torturati, i minacciati e i picchiati. Nel Medio Oriente, in Africa, in Asia, nei Balcani e altrove in Europa, il lavoro di Behrakis è la prova della natura ciclica del conflitto e ci ricorda la conseguenza inevitabile della guerra: l’esodo. [...] (Testo di Carolina Taggaris / Traduzione di Alberto Scarinci)
Mostra a cura di Dipartimento di Scienze dell'Educazione "Giovanni Maria Bertin"; Biblioteca di Scienze dell'Educazione "Mario Gattullo". In collaborazione con Fondazione Alma Mater.
Orari di apertura:
da lunedì a venerdì 9.00-18.00; sabato 9.00-12.00
Il film è programmato anche in Sala Scorsese e ai DAMSLab.
Un road-movie New York-Alabama-New York, nel 1962. Un'auto a bordo della quale viaggiano un bianco e un nero, seduti nel posto che non ci aspetteremmo: l'autista (Viggo Mortensen) è un proletario bianco d'origini italoamericane, il passeggero (Mahershala Ali) un elegante pianista solista classico nero in tournée. Tutto il resto invece lo aspettiamo e infatti arriva: il sottofondo dell'epoca in cui per la prima volta l'America si confronta politicamente con il peccato originale del razzismo, l'iniziale incomprensione dei due uomini, la confessione del pianista di sentirsi fuori luogo tanto tra i bianchi quanto tra i neri, il pollo fritto mangiato insieme, il prender consistenza di un'amicizia. Prima prova in solitario di Peter, uno dei due ribaldi fratelli Farrelly, è un'opera liberal all'antica americana, e le candidature agli Oscar dei due meravigliosi protagonisti la dicono lunga sull'alto tasso di talento attoriale che la sorreggono.
Lingua originale con sottotitoli
"Primo film di Satyajit Ray, girato con un budget irrisorio. È il primo dei tre capitoli della storia di Apu. Ed è il primo autentico film d'autore del cinema indiano, totalmente estraneo ai generi e alle regole tradizionali della produzione nazionale. Da notare, specialmente, la completa assenza di canzoni. In cerca d'universale, il film tenta di trovarlo nella descrizione d'un contesto assai particolare: uno sperduto villaggio del Bengala d'inizio secolo, minuscolo frammento d'un mondo dove equilibrio e ritualità secolare sono ancora ben presenti, sia pure già avviati a una mutazione profonda e irreversibile". (Jacques Lourcelles)
Lingua originale con sottotitoli
Silvano Campeggi, in arte Nano, è stato l'ultimo grande illustratore del cinema. I suoi manifesti, da Via col vento a West Side Story, passando per Casablanca e Ben Hur, hanno fatto sognare generazioni di spettatori prima ancora di entrare in sala. Artista prolifico, ha disegnato più di 3000 manifesti per tutte le più grandi case di produzioni americane. Nano ha attraversato il Novecento con la matita in mano, lavorando ogni giorno fino a novantacinque anni. Questo documentario è un viaggio nella sua vita e nell'immaginario del Ventesimo secolo.
Introduce Elena Campeggi